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SAn Callisto, Bruzot (Levice)
G.Johnny Murialdo

Immagine
Carlo, contadino, scultore, scrittore, costruttore di San Callisto (Levice)
San Callisto (Levice, località Bruzòt) 

San Callisto, dal nome del papà venne edificata dai fratelli Taretto, Carlo e Giuseppe dal 1972 al 1977 per desiderio della mamma Felicita, deceduta giusto in tempo per vederla realizzata.
Diceva Carlo Taretto (deceduto nel 1996), in un’intervista : “Nella II guerra mondiale eravamo in quattro fratelli al fronte, uno in Croazia, uno in Francia, uno prigioniero in un campo di concentramento tedesco ed uno nei Carabinieri, più un fratello ed una sorella a casa, in una guerra senza confini e senza limiti. Ebbene siamo tornati a casa tutti sani e salvi. Non le sembra un miracolo? E allora la mamma, nel ’45, ha detto che avrebbe voluto un pilone per ringraziare Dio della grazia ricevuta. Nel dopoguerra però avevamo altro da fare. C’era la casa da rimettere in sesto, la stalla da costruire, tanti lavori urgenti. E la mamma, per tanti anni non ha più detto niente. Poi un giorno a tavola, una volta che c’eravamo tutti, se n’è uscita con questa frase: << Guardate che quel pilone non l’ho mica dimenticato!>>. Ne abbiamo parlato tra noi fratelli e abbiamo deciso d’iniziare. Sa, nel tempo libero ci sono tante ore perse: in inverno, la domenica, di notte”
E ora la cappella è lì, sopravvissuta ai suoi geniali creatori, in tutto il suo splendore, a farsi ammirare da chi sa apprezzare tanto amore e tanta dedizione
Carlo Taretto, alpino, contadino, scrittore e poeta autodidatta è stato il principale artefice di questa splendida opera architettonica e scultorea, unica nel suo genere.
San Callisto è un monumento all’amore diceva Carlo: “Amore per la natura, amore per le Langhe, amore per la mamma che ha voluto la cappella”. E amore per la pietra naturalmente: pietre di ogni forma, colore e provenienza adornano la cappella ed il piccolo ordinatissimo parco dove si inseguono, incastonate nel verde dei cespugli e degli alberi, una trentina di statue scolpite in arenaria raffiguranti animali, persone e oggetti comuni, qui una poltroncina con una damigiana tornita sul dorso, là una donnina che fila, l’uccellino sul nido, la biscia stesa al sole, il gatto, il fiore, il tavolo, il fungo, il cappello da alpino, poi l’alpino con lo zaino…
Pietre di Langa innanzitutto: grandi, piccole, grigie, rossicce, striate. “Sembrano tutte uguali- diceva Carlo – ma in realtà ci sono almeno una decina di tipi diversi d’arenaria; tutte quelle che ho trovato in tanti anni di ricerche”
E poi sassolini di ogni forma e colore che ornano la cappella in mosaici di rara intensità, costruiti assieme ai muri della cappella, non applicati in superficie. Tante ore per sistemarli, nella giusta armonia: “Ogni sassolino è una preghiera” – diceva Carlo- “e può essere rotto, rovinato, ma non rubato” – aggiungeva Giuseppe, il fratello più anziano, “per prenderne anche uno solo bisogna demolire i muri. La maggior parte li ha raccolti lui, Carlo, qui e là, per strada, nella vigna, nei ruscelli, in Bormida”. “Be’ no, a questa cappella hanno contribuito in tanti” – si schermiva Carlo – “non è giusto che si prenda il merito solo uno”
In effetti anche Carla e Feli, del vicino Sarturìn, si ricordano che, da ragazzine, avevano il compito di portare a casa, dal mare, molti sassolini colorati per le decorazioni della chiesetta.
Questo è un sito che emoziona il visitatore e la borgata Bruzòt uno dei gioielli di Levice.
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