BIGàt e cochèt di primo culasso
Fonti della presente ricerca: 1°) Biblioteca civica di Alba “opuscolo edito da CC di Cuneo: prodotto netto dell’agricoltura relativo agli anni 1949. 2°) libro di Luciano Gibelli “pruma ch’o fàssa neucc” civiltà e cultura piemontese. 3°) testimonianze orali sul valore attuale di carne e altri prodotti utili per fare un raffronto significativo. I dati indicati si riferiscono al 1949, ultimi anni dei “bigàt”, con elementi di confronto valorizzati ad oggi.
(per motivi di poco tempo non ho usato la r fricativa (ȓ)
- Dati di base: semi da bachi e resa in cochèt: (riferiti a un’oncia)
- 1 oncia = ca 30gr. (il peso oncia variava da 25 a 30gr a seconda dei luoghi Voghera-Torino)
- 1/8 di oncia = 4 gr. (30x1/8) = 3,75gr. = ca 4gr (vedi voce 1 e voce 3
- Il ditale da cucito era ca 4 gr. (il venditore però fregava gli acquirenti, se poteva)
- 1 oncia = 50.000 uova da seme
- 50.000 semi = max 90 kg/cochèt/oncia, min 60kg/oncia (galettame=cochèt non finito)
- Il seme intristito xchè sempre riprodotto si scambiava tra famiglie.
- Seme in casa: ½ kg/cochèt belli=1 oncia
- 4 kg/cochèt = 1 kg di seta (su 100kg. = 25kg/seta e 15kg di cascame (scarto)
- si facevano pellegrinaggi propiziatori a Crea o altro Santuario, le Rogazioni, e messe 1e (dalle 5 alle 6) e messe basse (dalle 7alle 9).
- il seme (uova) prodotte in proprio dal contadino: deposte dalle farfalle l’anno precedente, su un asciugamano di cotone o lino bianco in una gabbietta. Si staccavano dai lini 20gg prima di S.Marco, si ammollavano e si raschiavano le uova e trasferiti in “invoglie”, scatolette, bustine e nei pannolini della donna anziana di famiglia.
- Il seme era deposto dalla farfalla (+ grande) che con il farfallino (maschio) si accoppiava da q.che ora a una giornata. Una femm. Depone da 300 a 700 uova. ½ kg di cochèt = un’oncia di seme. Il cochèt + grande era quello della femmina. Ciò avveniva subito e prima della stufatura.
- Bigattiera (note: le canisse doveveno essere adeguate ai locali a disposizione)
- luogo dove si tenevano i “bigàt”: granai, fienili, camere di abitazione, all’inizio anche in cucina x il tepore.
- disinfestazione a ½ zolfo, salnitro, gas di cloro, calce viva.
- impalcatura (bigatèra ò pontà), canniccio o cannaio (canissa)
- l’impalcatura (bigatèra ò pontà) era un impianto inventato, come detto prima, dallo spazio disponibile in famiglia e dalla quantità dei bachi
- esso era composto da diversi ripiani così descritti: a) misura indicativa x piano cm 210x150 = ca 3 mq
- 4 pali fissati da pavimento a soffitto fermati da zeppi o cunei (cun-i)
- stanghe (ò bròpe trasversali che reggevano le caviglie ( ò bròpe longitudinali) ed erano n° 3; che erano il porta cannicchio (ò canissa)
- In certe famiglie al posto della “canissa” si usavano tavole rigide (tauràss) e assi complementari (se necessario) sempre per ragioni di comodo
- lo spazio tra una “canissa” e l’altra era di ca 40 cm tranne il piano terra (tra pavimento e 1° canissa) che era praticamente il doppio (80/90 cm) x ragioni di praticità e clima (schiena che duole, bisognava lavorare “in vita” cioè non scomodi
- carta blu intera e traforata per pulizia
- bosco del baco o infrascamento ( grà ò ciovendëtta) a seconda dei paesi. la ramáira: grà ò ciovendëtta era composta da mazzetti dei piccoli rami forgiati a scopino (scoèt) oppure liberi e vicini (non a scopino) e comunque montati stretti tra 2 bastoni e larghi quanto la canissa (150 cm) e occupanti l’intervallo tra le 2 canisse, leggermente a pressione, su cui salivano i bigàt a filare
3) da noi la grà o ciovendëtta era delle seguenti specie vegetali:
- erica (ò bruva)
- dondolino o sferracavallo (ramèira)
- fusto di cicoria secca
- piante secche di ceci (cisi)
- corniolo (cornaròt e sanguin)
- betulla (biora)
- saggina rossa (meirëtta)
- ligustro (cravàss)
- ginestra dei carbonai (ginestra)
4) credenze e usanze su baco da seta
- se la notte di Natale era serena prometteva una buona produzione di cochèt
- che S. Marco (25-4) era propiziatore di “boneur”
- la luna buona cioè il 1° quarto (doveva passare il 1° mercoledì dopo LN)
- luogo di incubazione: setaccio nella stalla (le uova avvolte in panni di lana), sotto il materasso dove si doveva a turno dormire , o far finta, causa tepore
- e per finire schiusa tra i seni delle massaie
5) nome e cognome del bigàt e sua derivazione
- Bombyx mori
- Famiglia: bombicidi
- Ordine: lepidotteri
- Sezione: eteroceri
- Classe: insetti
- Nome generico: bombice
- Appellativo: filugello, baco da seta, bigatto (bigàt)
6) vita del baco ( i dati sottostanti si riferiscono a 1 oncia )
- 18 gg di incubazione nella stalla, in ceste, setacci (crivèj), tra i materassi come
detto prima
- 3 gg di cova in seno
- schiusa fine 25-4: S. Marco
- Il baco nasce scuro
- nei primi 5 gg: 3 kg di foglie tenere e taglizzate di gelso
- nel corso dei 31 gg di vita: 700-1000 kg di foglie
- aumenta di 30 volte la lunghezza e 8000 volte il peso
- nell’intera vita il baco mangia 20 gr di foglie
- compie 4 mute della pelle
- nota: se un uomo mangiasse in proporzione come il baco dovrebbe mangiare 70 kg di cibo/g
- 2a età: spazio 5 mq; 12kg di foglia 6-7 volte nelle 24h
- 3a età: spazio 10 mq; 50 kg di foglia 6/7 volte nelle 24 h
- 4a età: spazio 25 mq; 170 kg di foglia ogni 3h
- 5° età: spazio 65 mq; da 700 a 1000 kg/g di foglia in 7 pasti ogni 3h
7) età mm di lunghezza peso in g
- 1° da 3 a 6 0.00047
- 2° 7 0.0066
- 3 16 0.034
- 4 26 0.16
- 5° 45 0.75
- 5° 90 3.65 (dal 24° g al 31°) V. sotto
Note su 5° età: 4 gg dopo la 4° muta, il baco ha mangiato la metà della foglia (siamo al 24° giorno) che grosso modo ammontano 425 kg. Praticamente la media della 5à età è di 425 kg/foglia in 7 pasti. (1 ogni 3 h.); lo spazio necessario è di 60-70 mq e il peso del baco raggiunge 3.65 gr e una lunghezza di 90mm. Il cibo del baco è esclusivamente: foglia di gelso nero, più dura ma più nutriente (morus nigra). Foglie di gelso bianco (morus alba) più tenere ma meno sostanziose. Il cibo ausiliario, eccezionalmente, è la scorzonera (podospermum laciniatum). La “santolina (santolina marchii) o erba pelegrin-a è un disinfettante antitarme detta anche erba guardaroba tipo Strafigari. V. Rastlèire.
- Note su alimentazione bachi (bigàt) sempre riferite a 1 oncia – parliamo sempre di foglie di
4gg dopo la quarta muta, il baco ha mangiato ca il 50% della foglia necessaria: vale a dire dai 700 ai 1000 kg/foglia/oncia. Cioè ha mangiato, a quello stadio, ca 425 kg di foglia.
1° età: 5gg – 1 x dormire = gg 4 dove ha bisogno di 3 kg di foglia (kg/foglia/medi/g=0.75)
2° età: 4gg – 1 x dormire = gg 3 dove ha bisogno di 12 kg di foglia ( “ “ “ “ =4. )
3° età: 6gg – 1 x dormire = gg 5 dove ha bisogno di 50 kg di foglia ( “ “ “ “ =10 )
4° età: 6gg – 2 x dormire = gg 4 dove ha bisogno di 170 kg di foglia ( “ “ “ “ =42.5)
5° età: 4gg dopo 4° dormita (V. sopra) ca 190 kg di foglia ( “ “ “ “ =47.5)
5° età: 6gg rimanenti e prima della “filata” ca 425 kg di foglia ( “ “ “ “ =70.8)
Tot. 31gg – 5 x dormite = 26gg di baldoria =ca 850 kg di foglia
- età e mute
- 1° età dura 5 gg di cui 1 dorme - 1° muta: dopo la 1° dormita il colore è
bianco/impolverato
- 2° età dura 4 gg di cui 1 dorme – 2° muta: dopo 2° dormita e il colore è come
la prima dormita
- 3° età dura 6 gg di cui 1 dorme – 3° muta: dopo 3° dormita - cambio pelle o
cuticula (bianco puntinato grigio)
- 4° età dura 6 gg di cui 2 dorme – 4° muta: cambio pelle: colore giallo e squame
della testa; dopo 4° dormita
- 5° età dura 10 gg, poi salgono V. relazione precedente paragr. 8
sulla grà o ciovendtta
tot. 31 gg
- attrezzi ausiliari x baco da seta
- gerlone da foglie ò cabàssa gròssa
- sacco di juta penzone e un cerchio di vinchio o gorèt con l’appicchio (rampin ò ansin) per
appenderlo
- tavoletta d’azzicare: sembra una sessola ò ‘n paròt x spostare i bachi (cm 44xcm33+23cm di
manico) h 15 cm
- corbellino d’azzicare = sessola in giunco pari dimensioni ma senza manico
- paniera da bozzoli tutta in vimini (diam. 64x150h) con coperchio e chiusura sacco interno
- cestone in listelle di castagno a forma parallelepipeda (84x155) con iuta all’interno
- soffocatura o stufatura bozzoli: tunnel in muratura lungo ca 12 mt, alto 120 cm, a sezione
rettangolare con il lato superiore aperto x alloggiare delle ceste di griglia metallica ribaltabili
tramite 2 manubrii sporgenti a lato tunnel. Ogni cesto svuotato e ribaltato riempiva quello
seguente x creare aerazione e dare spazio tra i cochèt affinchè la temperatura (70-80°)
circolasse e uccidesse le crisalidi
11) Filanda (dati ricavati da Internet)
Filanda: è il nome con cui sono conosciuti, nel nord Italia, gli stabilimenti di lavorazione e filatura della seta.
erano grandi edifici, generalmente a più piani, dai soffitti alti e dotati di grandi finestre per garantire l’illuminazione. Costruiti vicino a corsi d’acqua, la utilizzavano sia per la forza motrice che per le vasche di trattura.
Le prime filande erano a fuoco diretto, l’acqua nelle vasche di trattura era riscaldata direttamente con fuoco di legna, poi le filande diventarono a vapore, con un maggior controllo della temperatura dell’acqua e di conseguenza di una miglior qualità del prodotto.
Il periodo delle filande, specialmente nel comasco, dove raggiunge i massimi livelli qualitativi del mondo, è un fondamentale periodo di transizione tra l’economia agricola e l’economia industriale delle fabbriche.
Fasi di lavorazione
L’allevamento dei bachi da seta (bachicoltura) era affidato a contadini e mezzadri. I bozzoli erano raccolti nella filanda, stufati, essicati in forno in modo che il calore uccidesse il baco per evitare il foramento del bozzolo con conseguente rottura della bava, e trasformati in filato attraverso queste fasi di lavorazione:
- Stufatura: essicamento in forno in modo che il calore uccidesse il baco/crisalide x
- Cernita: i bozzoli venivano scelti dividendoli x qualità
- Spelaiatura: eliminazione della peluria che circonda il bozzolo
- Scopinatura: operazione che permette di trovare il capo della bava, viene svolta mettendo il bozzolo a bagno in vasche con acqua a 75-80°, che scioglie la colla(sericina) che lo tiene unito; con uno scopino si acchiappa quindi il capo.
- Trattura e filatura: srotolamento della bava che veniva arrotolata in un aspo (arcolaio, vindo)
- Imbozzimatura: trattamento con sostanze oleose
- Incannaggio: trasferimento dalle matazze degli aspi ai rocchetti.
- Binatura: accoppiamento di due o più capi per ottenere un filo di dimensioni volute
- Torcitura: torsione dei fili per renderli forti e resistenti (tòrze)
- Sgommatura: lavaggio del filato
- Carica: reintegrazione dei principi persi durante le fasi di lavorazione
Il lavoro della filanda era svolto principalmente da giovani donne e da bambine, che venivano chiamate filerine, filandere o filerande. I turni erano pesanti, potevano arrivare da 12 a 16 ore al giorno con durissimi controlli sulla qualità e quantità del prodotto lavorato; le filerine venivano multate se non rispettavano tali turni. Il lavoro faticoso e malsano (per via dei vapori delle vasche), le mani tenute nell’acqua calda (80°), la polvere, i salari da fame: per aiutarsi a sopportare queste dure condizioni le filerine cantavano in coro. Molte sono le canzoni che sono giunte fino a noi, alcune sono conosciute grazie alle interpretazioni che ne hanno dato cantanti di successo tipo
Milva. Ad Alba c/o la Filanda (ex Cartiera), a fine 1800, morirono in una sola patela (volta) 15 filandere.
Quando si dice dormire della 4a si fa proprio riferimento alla pesante dormita, l’ultima, dei bachi prima che essi salgano sulla “grà”.
Il sementario era colui che passava dai clienti x la prenotazione dei semi. La consegna avveniva dal 1° al 15/3. I semi si pagavano alla vendita dei bozzoli. La nascita dei bachi coincideva con S. Marco 25/4.
Dopo l’ultima muta i bachi si rifiutano completamente di mangiare e salgono sulle “Grà”.
Note: x i Cinesi il baco è un cibo prelibato. Si racconta che anche ns. massaie nostrane
facessero uso alimentare di bachi da seta, specialmente le puerpere. Infatti c’è il
detto:” ha comperato un bambino bello e sano come un Baco.”
Qualità cochèt: falòpe = bachi marci; ospedàl = bachi malati; dobion = doppi o tripli nel cochèt
In Langa si è smesso di allevare i Bigàt nel 1947,’48,’49 e dintorni, il prezzo dei cochèt e tutto il resto indicato, è stato ricavato dall’opuscolo “ Prodotto netto dell’agricoltua, edito dalla Cam. di Comm.cio di Cuneo, e relativo all’anno 1949.
1 – cochèt 35.200 £/qle corrispondenti a 32.000£/oncia (90 kg/100kg)=90% produz max
2 – 1 operaio percepiva 15.000£/mese
3 – 1 topolino Fiat costava ca 400.000£ = 27 stipendi x acquistarlo
4 – 1 qle di grano 6700£ - oggi 28000£/qle
5 – 1 bocin nostrà (vivo) da 3 qli costava 110.000£ - oggi £ 2.500.000
6 – 1 crin vivo (20 Mg) costava 54.000£ - oggi £ 640.000 (a meliga, basadòne,
bërnà, lavans)
7 – 1 pollo nostrano vivo di 2kg 1.000£ - oggi £ 20.000
Con questi dati si può dire che 1 oncia di cochèt corrispondeva a 2 stipendi, a quasi 2 gambe di crin (1/2 crin), a 5 qli di grano, che x una famiglia, a quei tempi, era una buona sponda economica. Chi lo desidera può fare le verosimili congetture che crede. I dati indicati sono seri. Si accettano osservazioni purchè non sfavorevoli e vi prego di non bizantineggiare troppo.
Ciao e ste ben: mi sper ëd nan aváj fà tancc boro, alegrìa…
Così è se vi pare: PRIMO CULASSO
luglio 2010