La battaglia del forte di ceva di emanuele bella
Et voilà, ecco ricopiato sul computer un vecchio articolo che fatichereste a ritrovare sulle riviste su cui comparve. E’ una storia della Battaglia di Ceva, scritta sulla base di documenti e testi originali, un po’ narrata per risultare leggibile ai più. Spero che vi piaccia. Purtroppo l’unico problema nel raccontare le battaglie di questo periodo è la difficoltà che trovano i non addetti ai lavori, a ritrovarsi tra nomi francesi di reggimenti e comandanti piemontesi e nomi italiani di comandanti Austriaci e nomi italiani di comandanti Francesi. Così ho ripetuto le nazionalità infinite volte per cercare di chiarire bene di chi si trattasse. In particolare Colli è Piemontese ma fà parte dello stato maggiore Austriaco. Fiorella e Rusca sono Nizzardi, rivoluzionari e comandano i francesi. Bellegarde è un savoiardo, storico generale dei Piemontesi.
Spero che possa aiutarvi a meglio comprendere. Se vi piace posso poi raccontarvi anche la battaglia della Bicocca di San Michele, quella di Mondovì e infine L’armistizio di Cherasco. Scrivetelo a Giampiero. Buona lettura.
La battaglia del Forte di Ceva
Il 25 novembre 1794, Francesco Filippo Tommaso di Tornaforte, Governatore della Città di Fossano, è seduto a fianco di uno dei grandi camini che riscaldano il suo palazzo. Il Re gli ha affidato questo incarico, per garantirgli, come compenso di molti anni di fedele servizio, un tranquillo riposo con la famiglia. Tuttavia i Savoia sono in guerra contro i francesi e le notizie che giungono dal fronte sono tutt’altro che confortanti. Il nemcio, impadronitosi del castello di Ormaea, si è spinto sino a Nucetto.
Mentre riflette preoccupato su questi eventi, sente passi concitati salire la scale: un militare del corpo di guardia gli consegna trafelato una missiva di Sua Maestà:
“Il signor Pron.Colmo, nella circostanza che il Sig. Brigadiere d’armata Coaquin, Governatore del Forte e della Città di Ceva, trovasi per causa degli incomodi che accompagnano l’avanzata sue età fuori stato di proseguire il servizio, ed accorrere in caso d’assedio di quella piazza coll’attività necessaria a tutti i posti che potrebbe richiedere la sua presenza, e gli istanti nei suoi provvedimenti, S.M. è entrata nella disposizione di provvederlo del riposo che si è meritato (…) E credendo di non poter meglio accertare la difesa dello stesso Forte, che coll’affidarne a V.S.Ill. il Governo, ha presa la determinazione di nominarla Governatore Provvisionale della Città e del Forte, coll’assegnamento della paga di lire 3000; ed un trattenimento di lire 500; oltre ai revenanbons, che possono ascendere a lire 340 circa (…) Con riserva di restituirla all’evenienza della pace al comando, che presentemente copre, della Città di Fossano. Gliene porgo pertanto questa prevenzione, affinchè possa disporsi, senza però aprirsene con qualcuno, per passare all’anzidetta nuova destinazione, mentre vado ai primi giorni a presentare regia firma le provvisioni, che perciò si richieggono. Ho il vantaggio di raffermarmi con inviolabile distinta devozione di V.S.Ill. Dev.mo ed Obb.mo Servitore Di Cravanzana”.
Tornaforte rimane probabilmente un po’ senza parole, gli occhi fissi sule fiamme. Chi andrebbe a cuor leggero contro le orde d’oltralpe….La lettera tuttavia inizia con un’offerta ma termina con un ordine. Iniziati tacitamente i preparativi, nel mese successivo, intorno a dicembre, chiede di poter portare con se il figlio Vincenzo che combatte in Valle d’Aosta. A bisogno di cui fidarsi a tutti i costi.
24 dicembre 1794
Tornaforte prende in carica il governo della Piazzaforte di Ceva. L’inverno ha bloccato i francesi sulle montagne di Ormea e nei quartieri invernali in Liguria.
Rivolge innanzitutto la sua attenzione alle mura, alle porte e alle altre difese passive della fortezza. Poi si concentra in particolar modo sulla sorveglianza, considerando “parimenti pericolose le nebbie ristagnanti sul fondovalle e certi popolani…”.
Quello di Ceva è ciò che viene tecnicamente chiamato Campo Trincerato. La città, cinta di vecchie mura, sta nel cuneo costituito dalla confluenza del Cevetta nel Tanaro. Il corso del Cevetta, che si sviluppa in una valle stretta e scoscesa, separa la città dalla cittaella propriamente detta. Questa, situata alla sommità della parete triangolare, è costituita da un quadrilatero.
Di quest’ultimo, il lato verso la città è costituito a caserme; gli altri tre sono muniti di bastioni. Alla sommità della parete, proprio sull’orlo della scarpata, un’opera a corno sovrasta Ceva.
Il forte è dominato a nord-est dalle alture di Bayone e Faja che in passato erano state necessariamente munite d’importanti ridotte; per evitare che il nemico, compiuto un aggiramento, potesse far fuoco sugli assediati dall’alto. Il crinale che passa da Testa Niera, Bric Mondon e la Comma e culmina nella Pedaggera, è tutto quanto fortificato con palizzate intervallate da batterie di cannoni. Ad est il torrente Bovina, che scorre in una piccola valle piuttosto profonda, funge da fossato naturale.
A completare quest’opera formidabile, Paroldo, fortificata, batte d’infilata con i suoi numerosi cannoni la Valle del Rio Bovina. Alle spalle delle opere numerosi ponti volanti, gettati attraverso il Tanaro, garantiscono già un’eventuale ritirata.
Nel Novembre 1795, dopo alterne vicende, la Valle Tanaro è di nuovo in mano ai francesi, che si apprestano a trascorrervi la stagione fredda. Tornaforte nel frattempo ispeziona instancabilmente le fortificazioni, stipa il forte di viveri, controlla giornalmente il livello delle cisterne, verifica personalmente l’approvvigionamento di polveri e munizioni, non risparmia guarnigione e genieri neppure d’inverno.
Primi di marzo 1796
da Nizza giunge trafelato il Berardi, sottotenente del Reggimento “Piemonte”. Subito viene condotto al cospetto del Governatore. “Illustrissimo Sig. Governatore, il luogotenente colonnello Bona mi manda a Vostra Eccellenza con gravi notizie…”. I presenti probabilmente ammutoliscono: i francesi, stando alle parole del nuovo venuto, invaderanno il Piemonte dalla parte di Ceva e Mondovì. Nessuno vuole credere al messo appena giunto.
E’ impossibile prevedere il movimento di un grande esercito, concentrato tutto sullo schieramento austriaco e piemontese. Tornaforte tuttavia, che ben conosce la capacità del Bona non frappone indugi. Invia subito il figlio ad avvertire il suo re del pericolo.
14 aprile 1796
i francesi scendono per la Val Tanaro con più colonne, confluendo uniti su Ceva. Augereau viene rallentato a Cosseria e a Dego dall’eroica resistenza dei Piemontesi e dai colpi di mano degli austriaci. Rusca discende verso il Bormida e si dirige al Colle dei Giovetti. Serurier prende a scendere da Ormea su Nucetto.
Quel mattino dal Forte di Ceva odono i primi colpi verso Montezemolo. Il figlio del Governatore, tornato nel frattempo dalla sua missione a Torino, si dirige in quella direzione per raccogliere notizie. Qui viene a sapere dal Colli, generale comandante in capo dei Piemontesi, che tutto l’esercito, attaccato dai francesi su più lati, si sta ritirando.
Quando lo riferisce al padre, i primi soldati piemontesi, ritirandosi in buon ordine, stanno già entrando nel campo trincerato, protetti alle spalle dalla cavalleria. Colli ha infatti deciso di ritirarsi su Ceva per dare tempo alle salmerie di retrocedere e nella speranza di riunirsi agli alleati Austriaci. Non immagina che Napoleone Bonaparte intende incunearsi tra i due schieramenti, per inseguire poi gli austriaci verso la Lombardia.
L’ora di Ceva è ormai giunta. Recatosi dal Colli nella speranza di avere notizie e di carpire qualche informazione, il Governatore si rende subito conto che i suoi non intendono fermarsi a lungo. Il Reggimento Guardie e gli Austriaci si stanno già disponendo per continuare a coprire la ritirata del grosso dei Piemontesi su san Michele, dove avrà poi luogo la famosa battaglia della Bicocca.
15 aprile 1796
Napoleone all’inizio non si fida a spingersi troppo in profondità. Sa di avere scoperta l’ala destra al comando di Massena che infatti viene sorpreso da un audace colpo di mano degli austriaci di Wukassovic. L’iniziativa personale dei singoli comandanti francesi (Augereau, Joubert, Beyrand, Rusca e Serurier) porta tuttavia le colonne nemiche in vista di Montezemolo, Priero e Malpotremo.
16 aprile 1796
La mattinata è limpida e fresca. Si narra che i francesi della divisione di Augereau, giunti sulla sommità delle alture attorno a Montezemolo, esplodano in grida di stupore e applausi per la bellezza del panorama. In Valle Tanaro invece, mentre le colonne avanzano per le strade di fondovalle, la brigata di Miollis, da Ormea sale a Valdinferno e, nonostante le nevi, scende sulla Certosa di Casotto, al fine d’impegnare i piemontesi, colpendoli sul fianco.
A Montezemolo la colonna nemica principale, composta di circa 46000 uomini, si divide in due colonne più piccole, comandate da Joubert e Beyrand. Mentre Joubert avanza subito verso la Pedaggera, Beyrand si getta su Paroldo nel tentativo d’incunearsi tra quelle postazioni e la ridotta di Govone. Infuria ovunque la battaglia, le detonazioni delle artiglierie, le grida, le scariche di fucileria; il fumo dei colpi esplosi conferisce al paesaggio un aspetto surreale. I francesi, in righe successive, s’inginocchiano per sparare e poi si alzano in piedi per ricaricare, divenendo facile bersaglio per i Piemontesi al riparo delle fortificazioni.
A mezzogiorno i Piemontesi creano un po’ di scompiglio tra gli attaccanti che hanno tentato di aggirare il Bric Berico e che ora, dopo aver serrato le fila, sferrano un attacco contro le ridotte dei Giorgini e della Pedaggera. Brempt e Colli con i granatieri reali, a prezzo di 150 uomini morti e feriti, mantengono le posizioni. Il reggimento Acqui si difende combattendo all’ultimo sangue.
I francesi giungono a fiumi. Rusca è riuscito a salire verso Paroldo da Ca’della Suppa e piomba anch’egli sul primo reggimento di Acqui arroccato a difesa sul Bric la Comma e Govone. Riesce poi allo stesso tempo a minacciare Testa Niera e Belvedere.
Il capitano Melle, a difesa del Bric Jagonent cerca di rallentare lo slancio dei francesi con i suoi 4 cannoni. Bellegarde, comandante del Reggimento Savoia, dal Bric Mondon, si accorge del fatto e si getta sugli assalitori con 600 uomini dei mercenari di Stettler e i Granatieri reali.
La battaglia continua così a fasi alterne sino alle cinque di sera quando i francesi si ritirano su Paroldo. Ceva e la Pedaggera hanno resistito ma le truppe d’oltralpe sono riuscite a raggiungere Mombasiglio e Lesegno e gli austriaci, alleati dei piemontesi, se la sono data a gambe. La battaglia di Ceva è costata circa 600 morti ai francesi e 270 ai piemontesi.
Questi ultimi, temendo di essere presi alle spalle dai francesi di Serurier, nella notte tra 16 e 17 aprile, si ritirano su San Michele e la Bicocca come abbiamo detto.
17 aprile 1796
Augereau, preso alla sprovvista dall’inattesa e silenziosa ritirata dei Piemontesi, si lancia troppo tardi all’inseguimento. Il Maggiore Vitale della Torricella con il Reggimento Acqui, postosi in retroguardia, distrugge le polveriere ed i forni per il pane di Testa Niera e Torresina e riesce a rallentarlo per un po’. Il Marchese di Cavoretto, attardatosi alla ridotta di Govone, viene colpito da cecchini nascosti tra le rovine della Cappella di San Sebastiano (Igliano).
A questo punto i francesi hanno mano libera. Augereau occupa Torresina ed entra nel campo trincerato di Ceva a rovescio. Serurier, che sta marciando su Lesegno, ritorna su Ceva. La Brigata di Fiorella entra in città e pone subito le condizioni di resa al Forte.
Qui troviamo di nuovo il Signore di Tornaforte al comando di 500 uomini del Reggimento Mondovì; la milizia provinciale con qualche plotone di mercenari croati e alcuni feriti. Rusca, dopo aver richiesto un contributo di viveri alla Città, si installa a Faja e Bajone e fà fuoco sul forte con 4 cannoni. I francesi sono decine di migliaia e il forte stesso è irrimediabilmente circondato.
Gli austriaci stanno già scappando verso la Lombardia e gli stessi Piemontesi hanno arretrato le linee, consegnando di fatto il Governatore e i suoi 500 uomini al nemico. Che resterebbe da fare al Tournefort se non arrendersi?
Rusca apre il fuoco sul forte e intima la resa incondizionata. La risposta è un silenzio totale. Ad un tratto dal forte parte un solo colpo di risposta, che uccide un capitano francese e distrugge la batteria appena installata. La guarnigione non si arrende!
29 aprile 1796
Nel pomeriggio giunge con un messo al forte una lettera:” Le truppe vittoriose della Repubblica francese, sono in questa Piazza. Vi ordino a suo nome di rimettere il forte che occupate e vi preavviso allo stesso tempo che se ordinate il fuoco non avrete alcuna speranza di salvezza. Arrendetevi e presentatevi sul campo. I vostri interessi lo richiedono!”.
Dal Forte rispondono che non faranno fuoco sulla città ma che non pensano minimamente di arrendersi.
7 maggio 1796
Giunge al forte una seconda missiva. Questa volta è un irritato Napoleone Bonaparte che si scomoda direttamente:” Il comandante in capo dell’Armata d’Italia al Comandante del Forte di Ceva. La vostra armata è stata battuta a Mondovì. Le linee dietro la Stura sono state forzate. Cherasco si è arresa. La mia artiglieria da assedio è arrivata.
Ogni resistenza che potrete opporre sarà contraria alle leggi di guerra e produrrà profusione di sangue inutile. Il vostro forte, dominato a 150 tese non è suscettibile di resistenza alcuna. Se 24 ore dopo la notificazione della presente situazione, voi non vi sarete arreso, io non ammetterò alcuna capitolazione e io farò passare a fil di spada la vostra guarnigione.
Se la conservazione della Città, che si troverà necessariamente sacrificata dal fuoco delle batterie; se il preservare delle brave persone che comandate vi interessa, Signore, accettate una capitolazione onorevole e presentatevi al campo aperto”.
La risposta purtroppo non è giunta sino a noi. L’unica evidenza è che neppure questa volta Tournefort e i suoi si arresero.
17 maggio 1796
L’armistizio di Cherasco ormai è già stato firmato e il Piemonte si è arreso. Un’altra missiva di Napoleone giunge da Napoleone a Tornaforte; questa volta di tono più mite e pacato, misto a un certo qual rispetto.
“Vi invio Signore, l’ordine del vostro Re per rimettere il Forte di Ceva all’ufficiale munito di mio ordine. Vi prego di conseguenza di voler rimettere la Cittadella al Generale Miollis portatore della presente”.
Unita a questa lettera una missiva di Vittorio Emanuele reca l’ordine d’inventariare le attrezzature e di consegnare il forte ai francesi.
Fatto questo la Guarnigione potrà rientrare sana e salva e in buon ordine alle proprie case e alle caserme. Il Signore di Tornaforte lascia così la Piazza senza essersi formalmente arreso.
Morirà a Savigliano il 14 marzo 1814, dopo aver ricevuto, durante la sua malattia la visita del Papa che transitava a Mondovì prigioniero dei francesi.
EMANUELE BELLA
Bibliografia
- Costa de Beauregard, Quelques détails sur la suspoension d’armes signée a Cherasco dans la nuit u 26-27 avril 1796, Parigi, 1837.
- Galimberti Tancredi Senior, Miscellanea di note e appunti per una storia della battaglia di Ceva e della campagna del 1796. Inedito. Biblioteca di Casa Galimberti. Cuneo
- Krebs L. Campagnes dans les alpes pendant la Revolution d’aprés les archives des etats-majors français et austro sarde. Parigi, 1891.