Il ciclo della Farina di grano tenero/farina a cura di Primo Culasso
La farina di grano duro si chiama semola, essa viene usata per la pasta secca. Effettivamente ha delle caratteristiche nutritive importanti rispetto alla farina di grano tenero, contiene più proteine, inoltre assorbe più acqua e nel complesso presenta un maggiore potere saziante. Ha un indice glicemico inferiore ed è ricca di carotenoidi, pigmenti organici capaci di eliminare i radicali liberi. La semola non può essere usata per la produzione di prodotti lievitati di nessun genere.
Nei nostri posti si è sempre usata la farina di grano tenero.Qui tratto del grano tenero di Langa, che è sempre stato ottimo per panificazione e impasti vari tipo: tagliatelle, raviole, e paste alimentari fatte in casa. Quelle confezionate da Stabilimenti con una serie svariata di nomi, normalmente sono di grano duro, sono sostanziose, servono a stimolare desideri e buon appetito.
La trasformazione di grano in farina è pratica antica, essa è chiamata molitura. In piemontese: motuȓa che deriva da mola. Due sono i procedimenti:
a) il più antico, tuttora in applicazione, consiste i piccoli molini (moȓin) a macina, composti da un cilindro fisso di pietra dura speciale (roccis sedimentaria silicea) e una mobile superiore. Entrambe a superficie piana, alternata da “rajon” che sono fessure più profonde per dare aria alla pietra. Tra i “rajon”, la pietra presenta altre righe, scanalature fini e poco profonde, che servono per macinare con un sistema di sfregamento, affinché la granella (chicco) lasci la crusca larga. Per il mais la pietra presenta piccoli spuntoni. A intervalli, in base all’usura, venivano martellate per ripristinare i citati punzoni. Molti mulini erano azionati da una bialeȓa, corso d’acqua deviato a questo scopo, che faceva ruotare il Rodone , grossa ruota munita di “pale”, dette pale scodellate, rivolte al corso d’acqua in arrivo, che motorizzavano le trasmissioni meccaniche del mulino. Sulla trasmissione sono presenti diverse pulegge che tramite cinghie o ingranaggi trasmettono il moto ai mulini e ai vari macchinari. Fatto per me curioso, per invertire il senso di marcia occorreva incrociare le cinghie di trasmissione, secondo la logica del ciclo del molino stesso. Le mole in pietra erano carterate da doghe in legno sormontate da una tramoggia in cui veniva versato il grano. C’era anche una maciavelica (macchiavello) simpatica, con un cordino legato ad un peso terminante in una carrucola con all’estremita un campanello, che quando il grano in tramoggia finiva, il trattenimento del cordino finiva su un eccentrico e il “ciuchin”, campanella, si metteva a suonare, avvisando il mugnaio che bisognava rimboccare la tramoggia, oppure zittendo il campanello a macinatura finita. Molti di questi mulini, in Langa, essendoci corsi d’acqua solo torrenziali e una tantum, venivano usati nella contingenza della presenza d’acqua, inizio primavera quando avveniva lo scioglimento della neve che ingrossava i corsi d’acqua. In questi casi, i contadini, si facevano scorte di farina fino alle prossime piogge. Le stagioni erano normali e ripetitive e consigliavano le soluzioni al problema. In buona sostanza il ciclo era questo: le cariossidi , chicchi nudi, vengono schiacciate ottenendo lo stacco del pericarpo, con aderente lo strato aleuronico (crusca, faȓinèt), mentre il contenuto farinoso , endocarpo (farina) veniva setacciato. Altra nota particolare, questi piccoli mulini erano muniti di un “cȓivèl” (rozzo setaccio), dalla bocca d’uscita della farina, che separava, per il grano , la crusca dalla farina tipo 1 e 2; per la meliga, la granulometria deriva dalla distanze delle macine con all’uscita il solito crivel ò siass appropriato. Si impastava così il pane integrale, pratica dismessa perché troppo grossolana, però è ritornata ora in auge per ragioni nutritive nonché della moda per essere in buona forma. Il pane integrale, con le sue fibre, aveva ed ha le seguenti virtù: aumenta il senso di sazietà, aiuta la flora batterica intestinale, riduce l’assorbimento di grassi e colesterolo, riduce l’asorbimento di sostanze carcerogene.
Altra maciavelica curiasa era il buratto, tunnel motorizzato a forma parallelepipedo rettangolo orizzontale, a sezioni, composto da vari setacci in tela, per la suddivisione delle farie glanumetrie della farina (crusca, cruschello, tipo 2, tipo 1, tipo 0, tipo 00). La resa media per grano tenero in %le era circa:
b) Con i sistemi più moderni di molitura le cariossidi quasi integre, private solo dell’embrione (sviluppo iniziale) mediante la spuntatura, vengono lavorate con una serie di laminatoi (cilindri) in modo da staccare prima la crusca (bȓenn), il pericarpo, e successiva raschiatura dell’endocarpo. La parte più interna della cariosside viene quindi grattata dai cilindri metallici, muniti di adatti rilievi, in modo da ottenere la farina corrispondente ai vari strati più interni o esterni dell’endosperma amilifero (tessuto di riserva che avvolge l’embrione che contiene amido). La differenza fra i due sistemi consiste nel fatto che nel vecchio sistema la cariosside viene frantumata e si mescolano i componenti, poi separati mediante setacciatura. Mentre con i sistemi moderni la separazione avviene man mano. Secondo la setacciatura del prodotto si ottengono Farina tipo 00 o fior di farina, Farina tipo 0, Farina tipo 1, Faina tipo 2. La farina integrale contiene tutto, compresa la crusca (bȓenn).
L’amido che è importante per il suo valore energetico, si presenta in granuli di diverse dimensioni fessurato all’interno , raramente stratificato. I grassi provenienti dall’embrione, sono tricliceridi di acidi grassi insaturi con notevole presenza di acido oleico e linoleico. Quest’ultimo di notevole valore biologico.
Primo Culasso
PS: desidero ringraziare, senza far nomi, i numerosi amici, che con disponibilità e cortesia,
mi hanno dato dei lumi su questo argomento che è risultato più complesso di quanto
immaginassi.
Nei nostri posti si è sempre usata la farina di grano tenero.Qui tratto del grano tenero di Langa, che è sempre stato ottimo per panificazione e impasti vari tipo: tagliatelle, raviole, e paste alimentari fatte in casa. Quelle confezionate da Stabilimenti con una serie svariata di nomi, normalmente sono di grano duro, sono sostanziose, servono a stimolare desideri e buon appetito.
La trasformazione di grano in farina è pratica antica, essa è chiamata molitura. In piemontese: motuȓa che deriva da mola. Due sono i procedimenti:
a) il più antico, tuttora in applicazione, consiste i piccoli molini (moȓin) a macina, composti da un cilindro fisso di pietra dura speciale (roccis sedimentaria silicea) e una mobile superiore. Entrambe a superficie piana, alternata da “rajon” che sono fessure più profonde per dare aria alla pietra. Tra i “rajon”, la pietra presenta altre righe, scanalature fini e poco profonde, che servono per macinare con un sistema di sfregamento, affinché la granella (chicco) lasci la crusca larga. Per il mais la pietra presenta piccoli spuntoni. A intervalli, in base all’usura, venivano martellate per ripristinare i citati punzoni. Molti mulini erano azionati da una bialeȓa, corso d’acqua deviato a questo scopo, che faceva ruotare il Rodone , grossa ruota munita di “pale”, dette pale scodellate, rivolte al corso d’acqua in arrivo, che motorizzavano le trasmissioni meccaniche del mulino. Sulla trasmissione sono presenti diverse pulegge che tramite cinghie o ingranaggi trasmettono il moto ai mulini e ai vari macchinari. Fatto per me curioso, per invertire il senso di marcia occorreva incrociare le cinghie di trasmissione, secondo la logica del ciclo del molino stesso. Le mole in pietra erano carterate da doghe in legno sormontate da una tramoggia in cui veniva versato il grano. C’era anche una maciavelica (macchiavello) simpatica, con un cordino legato ad un peso terminante in una carrucola con all’estremita un campanello, che quando il grano in tramoggia finiva, il trattenimento del cordino finiva su un eccentrico e il “ciuchin”, campanella, si metteva a suonare, avvisando il mugnaio che bisognava rimboccare la tramoggia, oppure zittendo il campanello a macinatura finita. Molti di questi mulini, in Langa, essendoci corsi d’acqua solo torrenziali e una tantum, venivano usati nella contingenza della presenza d’acqua, inizio primavera quando avveniva lo scioglimento della neve che ingrossava i corsi d’acqua. In questi casi, i contadini, si facevano scorte di farina fino alle prossime piogge. Le stagioni erano normali e ripetitive e consigliavano le soluzioni al problema. In buona sostanza il ciclo era questo: le cariossidi , chicchi nudi, vengono schiacciate ottenendo lo stacco del pericarpo, con aderente lo strato aleuronico (crusca, faȓinèt), mentre il contenuto farinoso , endocarpo (farina) veniva setacciato. Altra nota particolare, questi piccoli mulini erano muniti di un “cȓivèl” (rozzo setaccio), dalla bocca d’uscita della farina, che separava, per il grano , la crusca dalla farina tipo 1 e 2; per la meliga, la granulometria deriva dalla distanze delle macine con all’uscita il solito crivel ò siass appropriato. Si impastava così il pane integrale, pratica dismessa perché troppo grossolana, però è ritornata ora in auge per ragioni nutritive nonché della moda per essere in buona forma. Il pane integrale, con le sue fibre, aveva ed ha le seguenti virtù: aumenta il senso di sazietà, aiuta la flora batterica intestinale, riduce l’assorbimento di grassi e colesterolo, riduce l’asorbimento di sostanze carcerogene.
Altra maciavelica curiasa era il buratto, tunnel motorizzato a forma parallelepipedo rettangolo orizzontale, a sezioni, composto da vari setacci in tela, per la suddivisione delle farie glanumetrie della farina (crusca, cruschello, tipo 2, tipo 1, tipo 0, tipo 00). La resa media per grano tenero in %le era circa:
- Farina 00 70%
- Farina t 2 72%
- Farina t 1 74%
b) Con i sistemi più moderni di molitura le cariossidi quasi integre, private solo dell’embrione (sviluppo iniziale) mediante la spuntatura, vengono lavorate con una serie di laminatoi (cilindri) in modo da staccare prima la crusca (bȓenn), il pericarpo, e successiva raschiatura dell’endocarpo. La parte più interna della cariosside viene quindi grattata dai cilindri metallici, muniti di adatti rilievi, in modo da ottenere la farina corrispondente ai vari strati più interni o esterni dell’endosperma amilifero (tessuto di riserva che avvolge l’embrione che contiene amido). La differenza fra i due sistemi consiste nel fatto che nel vecchio sistema la cariosside viene frantumata e si mescolano i componenti, poi separati mediante setacciatura. Mentre con i sistemi moderni la separazione avviene man mano. Secondo la setacciatura del prodotto si ottengono Farina tipo 00 o fior di farina, Farina tipo 0, Farina tipo 1, Faina tipo 2. La farina integrale contiene tutto, compresa la crusca (bȓenn).
L’amido che è importante per il suo valore energetico, si presenta in granuli di diverse dimensioni fessurato all’interno , raramente stratificato. I grassi provenienti dall’embrione, sono tricliceridi di acidi grassi insaturi con notevole presenza di acido oleico e linoleico. Quest’ultimo di notevole valore biologico.
Primo Culasso
PS: desidero ringraziare, senza far nomi, i numerosi amici, che con disponibilità e cortesia,
mi hanno dato dei lumi su questo argomento che è risultato più complesso di quanto
immaginassi.