Ra stòria ’d Norina e dr’Ostu dra Fnuja di primo culasso
Premessa: per un più semplice rapporto grafia/pronuncia sulle parole Piemontesi ho usato la grafia del prof. Bruno Villata - Montreal (CANADÀ)
Attacco a parlare di Norina dë Fnuj; è nata a Trezzo T. il 13.7.1924: quel giorno lì c’è stata una rivolta, non è un aratro arrugginito, ma una ribellione dei giornalisti nazionali contro le autorità Federali Fasciste. Il regime impediva loro di esprimersi in maniera libera e democratica. Norina mi mostra la Stampa del 13.7.1924. Da qui si capisce il preludio alla futura esistenza di Norina.
Norina non si è sposata perché non ha avuto tempo: è stata troppo presa dal lavoro della famiglia. A quei tempi là la famiglia Fnuj era ed è stata per un bel po’ di tempo un’istituzione: tra l’albergo, il pastin la Sensa o Censa [1], la bottega alimentare e non solo (per capirci era un a specie di Bazar), il telefono pubblico, il tutto dava un traffico di lavoro da non crederci.
Norina mi ha fatto vedere le licenze di tutte le attività citate, le quali portano la data del 1850. Devo fare una precisazione personale, siccome anch’io sono grande (negli anni): l’Ostu dra Fnuja (Pierina prima poi Felice, Teresa e Norina) era di quelli coi fiocchi, non tanto come eleganza ma come qualità del cibo e bel trattamento. Nella Langa ne spasseggiavano pochi così; per capirci c’era Fnuj, Blin di Rocchetta Belbo, e la trattoria della Posta di S. Donato. Naturalmente senza togliere i meriti agli altri, ma i tre citati avevano una marcia in più. Non parliamo poi della bottega: c’era tutto in ordine però i loro salami li cercavano da ogni parte… era una di quelle specialità che facevano sognare la gente perfino di notte. Infatti maiali e salami venivano cresciuti e fatti in famiglia con tutte le attenzioni del caso.
Norina mi ha pure raccontato dei “librèt”, quelli grandi come ½ quaderno, uno per ogni famiglia, sui quali veniva marcata la cheucia [2] e anche eventuali altre commissioni in bottega a debito del cliente. Erano i tempi che c’era ancora un misto tra baratto e contante, c’era la taglia da pagare e la gente, quasi tutti, non faceva il passo più lungo della gamba. Eravamo ai tempi della Malora.
Tuttavia poteva anche capitare che certe liste finissero in gloria!... Difatti mi conta Norina, che uno dei dispiaceri più grossi di Felice è stato quando hanno aperto il primo Supermercato, dove la gente, proprio quelli che avevano avuto degli agriman [3] da Fnuj, per risparmiare quattro soldi (è poi tutto da vedere!), gli aveva bruciato il pajun [4].
Adesso parliamo della vita di Norina: Lei è stata un tutt’uno con la famiglia… prima con mamma Pierina e suo papà dove si è fatta le ossa e imparato il mestiere di come si fa a vivere, dopo con sua cognata Teresa Revello moglie di Felice, che era una chisinera [5] molto in gamba: I menu di Teresa facevano gola agli avventori: robe da leccarsi le dita!... Norina serviva come cameriera “uslà”[6] e Felice teneva d’occhio tutta la baracca. Come scuola Norina ha frequentato la quinta elementare a Trezzo anche se aveva i numeri per continuare gli studi: bisogna ricordare che siamo nei tempi dell’ultima guerra. In soprappiù i due fratelli, Mario e Felice, nel 1937 sono partiti con due Camion per l’Africa Orientale in cerca di fortuna. Nel 1940 sono stati richiamati come militari e arruolati nella guerra dell’Abissinia dove purtroppo Mario nel ’41 ci ha lasciato la vita. Felice l’hanno fatto prigioniero gli Inglesi e ha sgambettato da Addis-Abeba a Joannesburg (Sud Africa).
Lì ha lavorato in un grosso negozio dove è stato preso in grazia dai proprietari per le sue capacità; capacità derivate dalla scuola di famiglia. Nello stesso anno è morto a Trezzo il papà Pinotu marito di Pierina. Ovviamente per Norina e sua mamma la batosta le ha duramente provate: anche se non erano fisicamente al fronte hanno vissuto i sagrin e gli affanni come lo fossero state.
Adesso, finalmente, Norina sta ammucchiando grosse soddisfazioni in seno alla famiglia “matriarcale” (si fa per dire!...): sono i nipoti Beppe e Maria Piera e con loro i rispettivi figli. Beppe e Maria Piera sono rispettivamente Medico il primo e dott. in legge la seconda; entrambi in piena attività. Elisabetta, pronipote di Norina e figlia del dott. Beppe e dell’infermiera Silvana del Passau, proprio in questi giorni, 31.10.012, ha presentato e discusso la tesi in medicina settore Oncologia e ha avuto la quotazione di 110 lode! Ha dedicato questo successo a Nonna Teresa e a Norina con le seguenti emozionanti motivazioni: a Nonna Teresa che tutti i giorni ha camminato al mio fianco e a mia zia Norina che ha seguito ogni mio passo con trepidazione e tanto affetto. Elena ed Alberto, sempre figli del dott. Beppe e Silvana, non sono da meno. Elena anche lei studia medicina all’università e Alberto, che praticamente ricalca le pianà [7] della famiglia d’origine, frequenta l’Università del gusto a Pollenzo. I figli di Maria Piera e suo marito dott. Piero Prandi sono Eugenio e Maria Teresa, dove Eugenio è studente universitario in Giurisprudenza e Maria Teresa frequenta il Liceo Classico di Alba. Come si dice a Tres/Caplèt, Norina si specchia dentro ai suoi nipoti e con le terze persone non riesce a dissimulare il suo orgoglio. Però, per adesso, è ben riposto.
Traccio una breve sintesi sulla stirpe degli antenati Fenocchio; il riferimento è del penultimo secolo:
Vigin il procaccia, da noi chiamato Pustiun, era colui che faceva il servizio con cavallo e “Breack”, a volte con la vettura o Landò (specie di Diligenza), da Trezzo a Neive per prelevare la posta e portarla all’ufficio Postale da Neive a Trezzo. Questo era il suo incarico. Inoltre, a richiesta, svolgeva pure il servizio pubblico nelle occasioni di “commissioni” importanti ad Alba, Neive, per matrimoni e altri eventi particolari. Il postino prelevava la posta all’uff. Posta e la smistava, a piedi, a tutte le famiglie del Paese. Trezzo copre una superficie di 10.5 kmq formata da bricchi e valli e per raggiungere tutte le cascine e borgate, molto sparpagliate, bisognava tapinare (scarpinare) da un capo all’altro del paese per cui dopo aver sgambettato tutto il giorno, arrivavi alla sera che avevi macinato una trentina di km e ti eri beccato il mal “du tërlàsu[8]”. Oggi lo chiamano podismo. Mi ricordo del Postino Baudino, Maria Tesio Falletto e di Tunin dë Fnuj. Bisogna tuttavia ricordare che Vigin dë Fnuj in quanto ha avuto la buona nomina di essere un “galantuomo” e che quando parlava lui tutti stavano ad ascoltarlo e nessuno banfava [9]. Dal suo matrimonio non ha avuto discendenti.
Gepin dë Fnuj era il vecchio messo comunale, papà di Giuvanin, anche lui messo comunale succeduto a suo padre, Angela e Tunin anch’essi figli di Gepin. Gepin è stato una persona per bene, ben ricordato dalla popolazione: con il parroco, il sindaco ha contribuito a tenere in regola il paese specialmente durante la seconda Guerra Mondiale.
Pinòtu, papà di Felice, Mario, Norina e Maria. Pinòtu era già un figlio d’arte, in quanto l’esercizio a Trezzo risale al 1850 come citato prima, però ha tenuto “bàra” nel senso che ha incrementato Ostu, pastin, bottega, sensa, telefono pubblico. In ciò è stato ben accompagnato dalla moglie Pierina. Tornando a Norina, ringraziando il Signore, ha sempre avuto una salute di ferro, anche perché, nell’ambiente in cui era non aveva tempo ad ammalarsi. Norina, con tutto il resto, ricorda volentieri le esperienze di vita della malora andate a buon fine. Una è quella, che nel mentre della resistenza, prendendo la scürsa [10] che di fronte al suo negozio scende nel rittano del Passau, passa sulla pedanca (pianca), sale sull’erta stradicciola pietrosa della Burin-a, si arrampica attorno alla casa di Sandrin il Filosofo (Fenocchio Battista), passa in Bossania, an Barì, ër Canavà, Panàda, Reinàd e arriva a Managgiu [11]. Norina portava con sé un sacchetto di garigli di nocciole e un pintone vuoto da metterci l’olio ricavato. Lì mio nonno, Giuvanin ëd Managgiu, aveva fatto modificare il torchio da uve mettendoci le gabbie più piccole e con quella ziamenta lì [12] torchiava i garigli. Giuvanin ëd Managgiu era, a tempo perso, un giullare, un autodidatta della fisarmonica, e in quei tempi là bastava per rianimare un po’ la grigia situazione. Norina conserva un bel ricordo di mio nonno Giuvanin e ciò mi fa molto piacere. Terminata la torchiatura Norina rientrava a Trezzo, facendo molta attenzione a non inciampare negli scalini e pietrame formanti la scürsa accidentata, col suo olio nel pintone. Un’altra esperienza, degna di memoria, è quella del panettiere Nüciu, durato dal ’18 al ’54, cioè 36 anni, il suo nome era Audasso Giuseppe detto “Nüciu”. Lo ricordo anch’io con piacere. Era un personaggio pittoresco, emblematico e pieno di folclore. A lui non mancavano le battute adeguate alla situazione dei tempi di allora. Ricordo una sera, alla festa patronale di S. Giovanni, con un rondeo di gente, la luna piena, Nüciu era anche cerlino [13] e declamò: “Amici!... io sono uguale a un chiodo fisso in questa terra, pertanto resisto a tutte le prove e non temo concorrenti!” Insomma: come si dice da noi era una bella sagoma. Altro ricordo degno di nota è la frequentazione in casa Fenocchio, da Pierina, di Beppe Fenoglio: Pierina gli offriva ristoro ma la cosa più importante per Lui erano le sigarette. Dal Sud Africa Felice mandava a casa le sigarette “Springbok”, sigarette inglesi in scatole da 50 pezzi. In paga Beppe Fenoglio traduceva a Pierina le lettere in inglese che i datori di lavoro di Felice le mandavano. Il periodo più difficile è stato quello della resistenza dove l’Osteria era continuamente visitata da Partigiani, Repubblichini e Tedeschi, con tutti gli “sbarüv [14]” e le dësturne [15] della malora che ciò ha comportato. Norina ricorda i delitti dei fratelli Ambrogio, di Gioacchino Fenocchio e Luigi Patetta. Questi nefasti fatti sono stati ben descritti sul libro di Trezzo da Marinella Bera. Morale della storia: Trezzo è un paese con terre fertili, con cascine decentrate, dove la gente non è avvezza a perdere tempo per cui sono scomodi alla vita sociale e di aggregazione. Tranne la Domenica dove la gente partecipa alla Messa Grande nonché qualche ricorrenza particolare tipo Corpus Domini. In questi casi il dovere e le buone usanze diventano pari alle obbligazioni di legge. Ritornando a Fnuj, il boom del lavoro alberghiero con le citate eccellenti qualità organolettiche, incluso il “Pastin”, la bottega con salami irresistibili è rimasto in attività fino al 1986. L’avvento dei Supermercati e la chiusura dell’esercizio “da Fnuj” hanno dato il colpo di grazia alla convivialità anzidetta. Col senno del poi, oggi però possiamo dirlo, che un buon gruppo di volontari, ben coordinati dall’alto, stanno facendo onore al paese e trasmettono la buona volontà ai compatrioti coinvolgendoli con iniziative di buona aggregazione e socialità. Concludo con due versi di Beppe Fenoglio e della Maestra Maria Laneri Revello che mi sembrano coerenti con la biografia tracciata:
BEPPE FENOGLIO: dal Partigiano Johnny: I 23 gg della città di ALBA – lo sbandamento
– …passarono il villaggio di Trezzo T., sinistro e sigillato nella sua nera conca, poi si diressero alla breve pianura davanti a Neive. … verso le dieci (Johnny) tastonava nei pressi di Trezzo. Era come percorrere un viale di cimitero a mezzanotte, la bestia cominciò a uggiolare, senza sollevare, abbastanza innaturalmente, il concerto delle dozzine di cani di guardia all’erta nella tenebra della conca. Nel più fitto delle case, sulla piazzetta, la cagna emise un latrato definito e allarmato, e da sinistra l’uscio dell’osteria si spalancò e ne uscì luce e tre o quattro uomini armati. Il primo, bufalesco nell’ombra, armò lo sten e disse: - Che ha la maledetta bestia? Ora la faccio star zitta…- Johnny coprì con lo sten, - Ti sparo io per prima. È con me la cagna. Io sono Johnny e la cagna è la bestia della Langa -….
MARIA LANERI REVELLO (nostra Maestra di Trezzo): tratto dalla leggenda di TREZZO.
Trezzo T. è un paese sparso in mezzo alla campagna; c’è una casa qui, una là, un’altra più in là ancora. Un bel giorno il Signore ha pensato di fare ancora un altro paese sulle Langhe. È uscito dal Paradiso con una manciata di case per sistemarle su per giù lungo il Tinella. In fretta è arrivato proprio qui da noi dove scorre la Tinella. Ha girato gli occhi in giù e ha visto una meraviglia di vigne, piante, campi, prati che l’hanno fatto stare incantato a guardare, tanto erano ben lavorate. Combinazione, stando lì fermo ad ammirare quelle meraviglie, senza accorgersene ha allentato la mano e le case si sono sparpagliate così: una di qua, un’altra di là; c’era la casa dei Costa, quelle del Cappelletto, della Serra, dei Chinassi, di Monpiano, degli Aimassi, del Ciaboté, dei Plinetti, del Passau, di Fossamagna, della Fonda, di Bossania, di Nivurin, di Rampin, del Rorèto… e tutte le altre lontane dal Paese. Quando è rimasto di sopra alla Chiesa, dove avrebbe voluto posare tutte le case ha allargato il suo pugno e si è accorto che erano avanzate poche case e due piccole chiese. È tornato subito indietro per raccogliere le case perdute per rimetterle al suo posto. Le ha ritrovate tutte, ma era già troppo tardi perché le case erano già state sistemate e stavano talmente bene dov’erano che il Signore non ha avuto il coraggio di toglierle. Infatti sono ancora lì adesso. Il Signore, sospirando, è ritornato a mettere a posto la Parrocchia, S. Giovanni, la Posta, le Scuole e le poche case rimaste. Prima di ritornare in Paradiso ha detto: - Le case di Trezzo resteranno lontane l’una dall’altra, ma i suoi abitanti sono contenti così. Saranno inoltre persone serie, oneste, brave e rimarranno sempre amici.
Primo Culasso
[1] Sensa = vecchie rivendite, autorizzate con targa statale, di Sali, tabacchi, chinino di stato, valori bollati.
[2] Cheucia = prezzo dovuto per la cottura del pane (era anche gratis se si rinunciava alla crescenza)
[3] Agriman = aiuto sia materiale che morale (sono sempre congiunti)
[4] Brisé ’r pajun = bruciare il giaciglio - figurato: marinare un impegno
[5] Chisinera = cuoca
[6] Uslà = sveglia, sempre all’erta
[7] Pianà = orme
[8] Tërlàsu = manìa di correre, trottare, di non star fermi
[9] Banfare = non aprir bocca, stare zitti
[10] Scürsa = scorciatoia
[11] Toponimi: Burin-a = luogo umido con sorgiva – Bossania = luogo infestato da rovi – an Bari = zona
paludosa – Canavà = dove si faceva macerare la canapa – Panàda = tipo di minestrone –
Reinàd= sentiero erto e stretto confinante con due poderi; prob. derivaz. da “reinüȓa” –
Managgio = Stranome appioppato a mio nonno da un commilitone meridionale dopo una
(bevuta) “cupà” di dolcetto.
[12] Ziamenta = attrezzatura
[13] Cerlin = postumi di una buona bevuta
[14] Sbarüv = spavento
[15] Dësturna = disgrazia, sfortuna
Attacco a parlare di Norina dë Fnuj; è nata a Trezzo T. il 13.7.1924: quel giorno lì c’è stata una rivolta, non è un aratro arrugginito, ma una ribellione dei giornalisti nazionali contro le autorità Federali Fasciste. Il regime impediva loro di esprimersi in maniera libera e democratica. Norina mi mostra la Stampa del 13.7.1924. Da qui si capisce il preludio alla futura esistenza di Norina.
Norina non si è sposata perché non ha avuto tempo: è stata troppo presa dal lavoro della famiglia. A quei tempi là la famiglia Fnuj era ed è stata per un bel po’ di tempo un’istituzione: tra l’albergo, il pastin la Sensa o Censa [1], la bottega alimentare e non solo (per capirci era un a specie di Bazar), il telefono pubblico, il tutto dava un traffico di lavoro da non crederci.
Norina mi ha fatto vedere le licenze di tutte le attività citate, le quali portano la data del 1850. Devo fare una precisazione personale, siccome anch’io sono grande (negli anni): l’Ostu dra Fnuja (Pierina prima poi Felice, Teresa e Norina) era di quelli coi fiocchi, non tanto come eleganza ma come qualità del cibo e bel trattamento. Nella Langa ne spasseggiavano pochi così; per capirci c’era Fnuj, Blin di Rocchetta Belbo, e la trattoria della Posta di S. Donato. Naturalmente senza togliere i meriti agli altri, ma i tre citati avevano una marcia in più. Non parliamo poi della bottega: c’era tutto in ordine però i loro salami li cercavano da ogni parte… era una di quelle specialità che facevano sognare la gente perfino di notte. Infatti maiali e salami venivano cresciuti e fatti in famiglia con tutte le attenzioni del caso.
Norina mi ha pure raccontato dei “librèt”, quelli grandi come ½ quaderno, uno per ogni famiglia, sui quali veniva marcata la cheucia [2] e anche eventuali altre commissioni in bottega a debito del cliente. Erano i tempi che c’era ancora un misto tra baratto e contante, c’era la taglia da pagare e la gente, quasi tutti, non faceva il passo più lungo della gamba. Eravamo ai tempi della Malora.
Tuttavia poteva anche capitare che certe liste finissero in gloria!... Difatti mi conta Norina, che uno dei dispiaceri più grossi di Felice è stato quando hanno aperto il primo Supermercato, dove la gente, proprio quelli che avevano avuto degli agriman [3] da Fnuj, per risparmiare quattro soldi (è poi tutto da vedere!), gli aveva bruciato il pajun [4].
Adesso parliamo della vita di Norina: Lei è stata un tutt’uno con la famiglia… prima con mamma Pierina e suo papà dove si è fatta le ossa e imparato il mestiere di come si fa a vivere, dopo con sua cognata Teresa Revello moglie di Felice, che era una chisinera [5] molto in gamba: I menu di Teresa facevano gola agli avventori: robe da leccarsi le dita!... Norina serviva come cameriera “uslà”[6] e Felice teneva d’occhio tutta la baracca. Come scuola Norina ha frequentato la quinta elementare a Trezzo anche se aveva i numeri per continuare gli studi: bisogna ricordare che siamo nei tempi dell’ultima guerra. In soprappiù i due fratelli, Mario e Felice, nel 1937 sono partiti con due Camion per l’Africa Orientale in cerca di fortuna. Nel 1940 sono stati richiamati come militari e arruolati nella guerra dell’Abissinia dove purtroppo Mario nel ’41 ci ha lasciato la vita. Felice l’hanno fatto prigioniero gli Inglesi e ha sgambettato da Addis-Abeba a Joannesburg (Sud Africa).
Lì ha lavorato in un grosso negozio dove è stato preso in grazia dai proprietari per le sue capacità; capacità derivate dalla scuola di famiglia. Nello stesso anno è morto a Trezzo il papà Pinotu marito di Pierina. Ovviamente per Norina e sua mamma la batosta le ha duramente provate: anche se non erano fisicamente al fronte hanno vissuto i sagrin e gli affanni come lo fossero state.
Adesso, finalmente, Norina sta ammucchiando grosse soddisfazioni in seno alla famiglia “matriarcale” (si fa per dire!...): sono i nipoti Beppe e Maria Piera e con loro i rispettivi figli. Beppe e Maria Piera sono rispettivamente Medico il primo e dott. in legge la seconda; entrambi in piena attività. Elisabetta, pronipote di Norina e figlia del dott. Beppe e dell’infermiera Silvana del Passau, proprio in questi giorni, 31.10.012, ha presentato e discusso la tesi in medicina settore Oncologia e ha avuto la quotazione di 110 lode! Ha dedicato questo successo a Nonna Teresa e a Norina con le seguenti emozionanti motivazioni: a Nonna Teresa che tutti i giorni ha camminato al mio fianco e a mia zia Norina che ha seguito ogni mio passo con trepidazione e tanto affetto. Elena ed Alberto, sempre figli del dott. Beppe e Silvana, non sono da meno. Elena anche lei studia medicina all’università e Alberto, che praticamente ricalca le pianà [7] della famiglia d’origine, frequenta l’Università del gusto a Pollenzo. I figli di Maria Piera e suo marito dott. Piero Prandi sono Eugenio e Maria Teresa, dove Eugenio è studente universitario in Giurisprudenza e Maria Teresa frequenta il Liceo Classico di Alba. Come si dice a Tres/Caplèt, Norina si specchia dentro ai suoi nipoti e con le terze persone non riesce a dissimulare il suo orgoglio. Però, per adesso, è ben riposto.
Traccio una breve sintesi sulla stirpe degli antenati Fenocchio; il riferimento è del penultimo secolo:
Vigin il procaccia, da noi chiamato Pustiun, era colui che faceva il servizio con cavallo e “Breack”, a volte con la vettura o Landò (specie di Diligenza), da Trezzo a Neive per prelevare la posta e portarla all’ufficio Postale da Neive a Trezzo. Questo era il suo incarico. Inoltre, a richiesta, svolgeva pure il servizio pubblico nelle occasioni di “commissioni” importanti ad Alba, Neive, per matrimoni e altri eventi particolari. Il postino prelevava la posta all’uff. Posta e la smistava, a piedi, a tutte le famiglie del Paese. Trezzo copre una superficie di 10.5 kmq formata da bricchi e valli e per raggiungere tutte le cascine e borgate, molto sparpagliate, bisognava tapinare (scarpinare) da un capo all’altro del paese per cui dopo aver sgambettato tutto il giorno, arrivavi alla sera che avevi macinato una trentina di km e ti eri beccato il mal “du tërlàsu[8]”. Oggi lo chiamano podismo. Mi ricordo del Postino Baudino, Maria Tesio Falletto e di Tunin dë Fnuj. Bisogna tuttavia ricordare che Vigin dë Fnuj in quanto ha avuto la buona nomina di essere un “galantuomo” e che quando parlava lui tutti stavano ad ascoltarlo e nessuno banfava [9]. Dal suo matrimonio non ha avuto discendenti.
Gepin dë Fnuj era il vecchio messo comunale, papà di Giuvanin, anche lui messo comunale succeduto a suo padre, Angela e Tunin anch’essi figli di Gepin. Gepin è stato una persona per bene, ben ricordato dalla popolazione: con il parroco, il sindaco ha contribuito a tenere in regola il paese specialmente durante la seconda Guerra Mondiale.
Pinòtu, papà di Felice, Mario, Norina e Maria. Pinòtu era già un figlio d’arte, in quanto l’esercizio a Trezzo risale al 1850 come citato prima, però ha tenuto “bàra” nel senso che ha incrementato Ostu, pastin, bottega, sensa, telefono pubblico. In ciò è stato ben accompagnato dalla moglie Pierina. Tornando a Norina, ringraziando il Signore, ha sempre avuto una salute di ferro, anche perché, nell’ambiente in cui era non aveva tempo ad ammalarsi. Norina, con tutto il resto, ricorda volentieri le esperienze di vita della malora andate a buon fine. Una è quella, che nel mentre della resistenza, prendendo la scürsa [10] che di fronte al suo negozio scende nel rittano del Passau, passa sulla pedanca (pianca), sale sull’erta stradicciola pietrosa della Burin-a, si arrampica attorno alla casa di Sandrin il Filosofo (Fenocchio Battista), passa in Bossania, an Barì, ër Canavà, Panàda, Reinàd e arriva a Managgiu [11]. Norina portava con sé un sacchetto di garigli di nocciole e un pintone vuoto da metterci l’olio ricavato. Lì mio nonno, Giuvanin ëd Managgiu, aveva fatto modificare il torchio da uve mettendoci le gabbie più piccole e con quella ziamenta lì [12] torchiava i garigli. Giuvanin ëd Managgiu era, a tempo perso, un giullare, un autodidatta della fisarmonica, e in quei tempi là bastava per rianimare un po’ la grigia situazione. Norina conserva un bel ricordo di mio nonno Giuvanin e ciò mi fa molto piacere. Terminata la torchiatura Norina rientrava a Trezzo, facendo molta attenzione a non inciampare negli scalini e pietrame formanti la scürsa accidentata, col suo olio nel pintone. Un’altra esperienza, degna di memoria, è quella del panettiere Nüciu, durato dal ’18 al ’54, cioè 36 anni, il suo nome era Audasso Giuseppe detto “Nüciu”. Lo ricordo anch’io con piacere. Era un personaggio pittoresco, emblematico e pieno di folclore. A lui non mancavano le battute adeguate alla situazione dei tempi di allora. Ricordo una sera, alla festa patronale di S. Giovanni, con un rondeo di gente, la luna piena, Nüciu era anche cerlino [13] e declamò: “Amici!... io sono uguale a un chiodo fisso in questa terra, pertanto resisto a tutte le prove e non temo concorrenti!” Insomma: come si dice da noi era una bella sagoma. Altro ricordo degno di nota è la frequentazione in casa Fenocchio, da Pierina, di Beppe Fenoglio: Pierina gli offriva ristoro ma la cosa più importante per Lui erano le sigarette. Dal Sud Africa Felice mandava a casa le sigarette “Springbok”, sigarette inglesi in scatole da 50 pezzi. In paga Beppe Fenoglio traduceva a Pierina le lettere in inglese che i datori di lavoro di Felice le mandavano. Il periodo più difficile è stato quello della resistenza dove l’Osteria era continuamente visitata da Partigiani, Repubblichini e Tedeschi, con tutti gli “sbarüv [14]” e le dësturne [15] della malora che ciò ha comportato. Norina ricorda i delitti dei fratelli Ambrogio, di Gioacchino Fenocchio e Luigi Patetta. Questi nefasti fatti sono stati ben descritti sul libro di Trezzo da Marinella Bera. Morale della storia: Trezzo è un paese con terre fertili, con cascine decentrate, dove la gente non è avvezza a perdere tempo per cui sono scomodi alla vita sociale e di aggregazione. Tranne la Domenica dove la gente partecipa alla Messa Grande nonché qualche ricorrenza particolare tipo Corpus Domini. In questi casi il dovere e le buone usanze diventano pari alle obbligazioni di legge. Ritornando a Fnuj, il boom del lavoro alberghiero con le citate eccellenti qualità organolettiche, incluso il “Pastin”, la bottega con salami irresistibili è rimasto in attività fino al 1986. L’avvento dei Supermercati e la chiusura dell’esercizio “da Fnuj” hanno dato il colpo di grazia alla convivialità anzidetta. Col senno del poi, oggi però possiamo dirlo, che un buon gruppo di volontari, ben coordinati dall’alto, stanno facendo onore al paese e trasmettono la buona volontà ai compatrioti coinvolgendoli con iniziative di buona aggregazione e socialità. Concludo con due versi di Beppe Fenoglio e della Maestra Maria Laneri Revello che mi sembrano coerenti con la biografia tracciata:
BEPPE FENOGLIO: dal Partigiano Johnny: I 23 gg della città di ALBA – lo sbandamento
– …passarono il villaggio di Trezzo T., sinistro e sigillato nella sua nera conca, poi si diressero alla breve pianura davanti a Neive. … verso le dieci (Johnny) tastonava nei pressi di Trezzo. Era come percorrere un viale di cimitero a mezzanotte, la bestia cominciò a uggiolare, senza sollevare, abbastanza innaturalmente, il concerto delle dozzine di cani di guardia all’erta nella tenebra della conca. Nel più fitto delle case, sulla piazzetta, la cagna emise un latrato definito e allarmato, e da sinistra l’uscio dell’osteria si spalancò e ne uscì luce e tre o quattro uomini armati. Il primo, bufalesco nell’ombra, armò lo sten e disse: - Che ha la maledetta bestia? Ora la faccio star zitta…- Johnny coprì con lo sten, - Ti sparo io per prima. È con me la cagna. Io sono Johnny e la cagna è la bestia della Langa -….
MARIA LANERI REVELLO (nostra Maestra di Trezzo): tratto dalla leggenda di TREZZO.
Trezzo T. è un paese sparso in mezzo alla campagna; c’è una casa qui, una là, un’altra più in là ancora. Un bel giorno il Signore ha pensato di fare ancora un altro paese sulle Langhe. È uscito dal Paradiso con una manciata di case per sistemarle su per giù lungo il Tinella. In fretta è arrivato proprio qui da noi dove scorre la Tinella. Ha girato gli occhi in giù e ha visto una meraviglia di vigne, piante, campi, prati che l’hanno fatto stare incantato a guardare, tanto erano ben lavorate. Combinazione, stando lì fermo ad ammirare quelle meraviglie, senza accorgersene ha allentato la mano e le case si sono sparpagliate così: una di qua, un’altra di là; c’era la casa dei Costa, quelle del Cappelletto, della Serra, dei Chinassi, di Monpiano, degli Aimassi, del Ciaboté, dei Plinetti, del Passau, di Fossamagna, della Fonda, di Bossania, di Nivurin, di Rampin, del Rorèto… e tutte le altre lontane dal Paese. Quando è rimasto di sopra alla Chiesa, dove avrebbe voluto posare tutte le case ha allargato il suo pugno e si è accorto che erano avanzate poche case e due piccole chiese. È tornato subito indietro per raccogliere le case perdute per rimetterle al suo posto. Le ha ritrovate tutte, ma era già troppo tardi perché le case erano già state sistemate e stavano talmente bene dov’erano che il Signore non ha avuto il coraggio di toglierle. Infatti sono ancora lì adesso. Il Signore, sospirando, è ritornato a mettere a posto la Parrocchia, S. Giovanni, la Posta, le Scuole e le poche case rimaste. Prima di ritornare in Paradiso ha detto: - Le case di Trezzo resteranno lontane l’una dall’altra, ma i suoi abitanti sono contenti così. Saranno inoltre persone serie, oneste, brave e rimarranno sempre amici.
Primo Culasso
[1] Sensa = vecchie rivendite, autorizzate con targa statale, di Sali, tabacchi, chinino di stato, valori bollati.
[2] Cheucia = prezzo dovuto per la cottura del pane (era anche gratis se si rinunciava alla crescenza)
[3] Agriman = aiuto sia materiale che morale (sono sempre congiunti)
[4] Brisé ’r pajun = bruciare il giaciglio - figurato: marinare un impegno
[5] Chisinera = cuoca
[6] Uslà = sveglia, sempre all’erta
[7] Pianà = orme
[8] Tërlàsu = manìa di correre, trottare, di non star fermi
[9] Banfare = non aprir bocca, stare zitti
[10] Scürsa = scorciatoia
[11] Toponimi: Burin-a = luogo umido con sorgiva – Bossania = luogo infestato da rovi – an Bari = zona
paludosa – Canavà = dove si faceva macerare la canapa – Panàda = tipo di minestrone –
Reinàd= sentiero erto e stretto confinante con due poderi; prob. derivaz. da “reinüȓa” –
Managgio = Stranome appioppato a mio nonno da un commilitone meridionale dopo una
(bevuta) “cupà” di dolcetto.
[12] Ziamenta = attrezzatura
[13] Cerlin = postumi di una buona bevuta
[14] Sbarüv = spavento
[15] Dësturna = disgrazia, sfortuna