Maȓia ‘d Falèt di primo culasso
A settembre compie 102 anni
Mi metto in cammino a trafficare sulla vita di Maria Tesio fu Falletto nata nella cascina Donvero.
Il motivo più importante che motorizza la mia iniziativa è quello che Maria ha avuto una forte amicizia con mia Mamma buonanima morta il 31 Dicembre 2009, e per lei ha usato tanti agȓiman [1].
Io, in paga, sovente vado a trovarla e alla mia maniera cerco di ricambiare i riguardi che vi ho appena detto. Lì insieme, ho scoperto, che Maria ha un cranio di buona qualità, si ricorda con esattezza di tante cose. Adesso incominciamo prima che venga notte!
Maria, in questo momento che scrivo è a ramba [2] dei 102 anni, difatti li compie il 30.9.016. La cascina dove è nata e cresciuta, nel Comune di Trezzo Tinella, si chiama Donvero e si trova dietro la collina di Serra nello sverso che guarda i Fiori, per capirci meglio guarda verso San Donato di Mango. Questa cascina l’ha comperata suo nonno alla fine dell’800 da Don Vero, che era un prete, il quale andava a celebrare messa ai Fiori, piccola pieve campestre in una borgata di Trezzo T, e in soprappiù, Don Vero, lavorava la sua terra e andava a caccia, naturalmente per sganasciare un po’ di selvaggina che a quei tempi veniva a taglio e ce n’era piuttosto. Maria mi ha raccontato che dietro casa sua c’era un cappella dove Don Vero diceva Messa: già un raro esempio di prete contadino.
Maria si è sposata con Carlin ëd Falèt il 21.2.52 nella Parrocchia di Trezzo T, lei aveva 36 anni e Carlin 39. Non hanno avuto discendenti. I dati anagrafici sono rispettivamente: Maria 30.9.1916, Carlin era del ’13, è morto il 15.3.2001.
Prima di sposarsi Maria lavorava in casa, era di bocca buona e non schinfiava [3] il lavoro: davanti ai buoi in campagna, in pastura alle pecore e capre, tanto lavoro ad accudire la campagna dei bigàt, sfrondare le foglie arrampicandosi come un gatto sui gelsi in Pian Tinella: difatti, mi ha dato una mano anche lei, a stendere la stòria sui bachi da seta che è comparsa su Langhe 9. Dopo il matrimonio ha continuato a fare la manoèȓa [4], la casalinga, qualche dësgionta [5] a sbrogliare lavori imprevisti presso i vicini di casa di cui avevano necessità.
Carlin ëd Falèt, finita la guerra, ha subito trovato lavoro nel Comune di Trezzo come tuttofare: cantoniere, messo comunale, becchino al cimitero, spaccalegna per le scuole. A quei tempi là non stava mai con le mani in mano… In pratica Carlin si è “barbato” otto anni tra soldato e guerra: due anni, ’36 e ’37 in Etiopia, Addiss Abeba e Albania. Sei anni tra Francia, campagna di Grecia e Alessandria d’Egitto.
Nel ’60 Maria, per prendere servizio da postina, ha dato l’esame di 5° elementare. Allora la 5° elementare era come avere un diploma oggi, che ti apriva le porte al lavoro… allora! Già sul racconto sull’Osteria della “Fnoja” (Langhe 9), ho parlato di Maria come postina, che sgambettava tutto il giorno da un bricco all’altro, arrivando alla sera con 30 Km nelle gambe. Il nostro paese ha una superficie di 10,5 Kmq, con una orografia che te la raccomando, da 300 mt a 712 mt di altezza, tre colline e tre vallate, Vignassa/Fiori, Serra/Boscasso, Cappelletto/Rampin/Roreto, Val Tinella, penso si possa assimilare alla Maratona. C’è una differenza: Filippide [6], messaggero in guerra, ci ha lasciato la ghirba a fine corsa, da Maratona ad Atene, stremato dalla fatica per portare la buona nuova della vittoria degli ateniesi sui persiani. Maria ha scampato il pericolo, prendendo le strade nel verso giusto e con calma, con fugaci ciance conseguenti al mestiere, un breve relax, con scambi di alcune ricette di cucina curiose, qualche baratto di fiori novità. Ancora oggi è molto in gamba: e non solo nelle gambe! Erano i tempi che il “vespino 50” non si costumava, in cambio c’erano sentieri erti, rivassi, e la strada bella era inghiaiata con pietre di arenaria ricavate da campi e vigne. Erano i tempi in cui veniva molto venerato Sant’Arrangiati. Allora le strade non venivano “asfaltate”, tantomeno l’uomo e le “postine.”!... A questa mira posso tranquillamente dire quel che penso: Maȓia ’d Falèt ha fatto tanta strada, però non ha mai fatto il passo più lungo della gamba.
Mentre scrivo mi viene in mente un altro aspetto curioso sui postini. La parola posta è il femminile di posto, infatti l’etimo di “Posta” significa proprio posto, dimora, luogo determinato, postazione. Pertanto la postina/o erano degli affidabili, seri professionisti del posto. Da ciò si desume che gli ottantenni di oggi, e dintorni, nonché i loro ascendenti , e specialmente al fatto che allora la TV e i giornali non c’erano, le informazioni venivano date, insieme alla posta, dai postini. Mi riferisco alla seconda guerra mondiale. Chi non ricorda in diretta o per sentito dire, che si attendeva con ansia e trepidazione l’arrivo del postino che portasse qualche nuova! Non solo si ricevevano notizie sul proprio eventuale famigliare al fronte, ma anche notizie sulle altre famiglie del paese. Mal comune…minor male. A quei tempi, anche le non notizie, tenevano in vita una debole speranza. In buona sostanza il ruolo del postino, con le campane del paese, rappresentavano la storia di vita della comunità che, nel bene e nel male, era una forma di antropologia “a buon patto” efficace, specie nella triste condizione di malora dell’epoca. Chiudo la parentesi e torno a Maria, la quale, più di me, è informata su queste vicende temporali.
Tutte le volte che vado a trovare Maria, e che parliamo del più e del meno, lei mi ripete sempre: “su questa terra, cosa c’è stato ritorna…” come dire che la ruota gira, difatti se ci si gira indietro, nel nostro caso cinque generazioni, vengono fuori esempi verosimili tipo: i Partigiani, vedi Moti Carbonari (silvio Pellico) del 1821, i gerbidi causa manualità e guerre, crisi inaudite di soldi, emigrazioni per le Americhe (inizio1900); Mio nonno mi ha raccontato, e detta voce ricorreva negli anziani dei miei posti, che negli anni ’30 per comperare un sacchetto di pane ci andava un sacchetto di soldi, erano gli anni della recessione americana. Difatti se ci diamo un giro attorno, i conti tornano. Guardando il mondo come gira oggi, mi sembra che Maria ‘d Falèt, tutti i torti non li abbia. Anzi!...
I rapporti in famiglia sono stati buoni, grazie al buon carattere di Maria. Carattere pacifico e sommesso, che senza fare guerre, con il silenzio e l’ascolto, le litigate in famiglia si spegnevano subito. Anche qui viene fuori il buon senso e non quelle maniere stupide per cui bisogna avere ragione a tutti i costi!...
Tra le altre cose Carlin ‘d Falèt con Maria erano maestri a caponare [7] conigli e galletti. Senza dargli l’andormìa [8] non ne sbagliavano uno. Fosse oggi, a fare un lavoro così, ti mettono in galera! Adesso per fare un cappone gli danno la pastiglia. Io so solo che i capponi e i conigli di allora, allevati a granoturco di otto file, con pastoni di verdura e crusca, con fronde di ginepro e ramaglie di “buonvischio”, fronde e scorza disinfettanti di ornello, non ne spasseggiano più. D’inverno, per i conigli, il rancio era composto da cascame di fieno dalla greppia, nelle stalla, da erba medica secca, da fascine di fronde di foglie essicate e fatte durante l’estate, fé a feuja [9], nonché dal solito pastone di verdure e cereali macinati. Come cambiano i tempi!... e con loro anche i gusti della gente… purtroppo.
Devo confessarvi che questa è stata una bella storia, da Maȓia ‘d Falèt ancora oggi imparo tante cose… grazie Maria per avermi somministrato, con discrezione, gocce di saggezza: ne farò capitale!
Tanti auguri Maria…
PRIMO CULASSO
[1] agȓiman = graziosità, riguardo
[2] a ramba = molto vicino, da toccarsi
[3] schinfié = essere schizzinozo, provare schifo
[4] manoeȓa = donna manovale
[5] dësgiunta = lavoro di squadra impegnativo
[6] Filippide = amante dei i cavalli, quindi uno a cui piace anche il trotto
[7] caponé = castrare
[8] andoȓmia = anestesia
[9] fé a feuja = fare la foglia x scorte invernali (autoassicurazione)
Mi metto in cammino a trafficare sulla vita di Maria Tesio fu Falletto nata nella cascina Donvero.
Il motivo più importante che motorizza la mia iniziativa è quello che Maria ha avuto una forte amicizia con mia Mamma buonanima morta il 31 Dicembre 2009, e per lei ha usato tanti agȓiman [1].
Io, in paga, sovente vado a trovarla e alla mia maniera cerco di ricambiare i riguardi che vi ho appena detto. Lì insieme, ho scoperto, che Maria ha un cranio di buona qualità, si ricorda con esattezza di tante cose. Adesso incominciamo prima che venga notte!
Maria, in questo momento che scrivo è a ramba [2] dei 102 anni, difatti li compie il 30.9.016. La cascina dove è nata e cresciuta, nel Comune di Trezzo Tinella, si chiama Donvero e si trova dietro la collina di Serra nello sverso che guarda i Fiori, per capirci meglio guarda verso San Donato di Mango. Questa cascina l’ha comperata suo nonno alla fine dell’800 da Don Vero, che era un prete, il quale andava a celebrare messa ai Fiori, piccola pieve campestre in una borgata di Trezzo T, e in soprappiù, Don Vero, lavorava la sua terra e andava a caccia, naturalmente per sganasciare un po’ di selvaggina che a quei tempi veniva a taglio e ce n’era piuttosto. Maria mi ha raccontato che dietro casa sua c’era un cappella dove Don Vero diceva Messa: già un raro esempio di prete contadino.
Maria si è sposata con Carlin ëd Falèt il 21.2.52 nella Parrocchia di Trezzo T, lei aveva 36 anni e Carlin 39. Non hanno avuto discendenti. I dati anagrafici sono rispettivamente: Maria 30.9.1916, Carlin era del ’13, è morto il 15.3.2001.
Prima di sposarsi Maria lavorava in casa, era di bocca buona e non schinfiava [3] il lavoro: davanti ai buoi in campagna, in pastura alle pecore e capre, tanto lavoro ad accudire la campagna dei bigàt, sfrondare le foglie arrampicandosi come un gatto sui gelsi in Pian Tinella: difatti, mi ha dato una mano anche lei, a stendere la stòria sui bachi da seta che è comparsa su Langhe 9. Dopo il matrimonio ha continuato a fare la manoèȓa [4], la casalinga, qualche dësgionta [5] a sbrogliare lavori imprevisti presso i vicini di casa di cui avevano necessità.
Carlin ëd Falèt, finita la guerra, ha subito trovato lavoro nel Comune di Trezzo come tuttofare: cantoniere, messo comunale, becchino al cimitero, spaccalegna per le scuole. A quei tempi là non stava mai con le mani in mano… In pratica Carlin si è “barbato” otto anni tra soldato e guerra: due anni, ’36 e ’37 in Etiopia, Addiss Abeba e Albania. Sei anni tra Francia, campagna di Grecia e Alessandria d’Egitto.
Nel ’60 Maria, per prendere servizio da postina, ha dato l’esame di 5° elementare. Allora la 5° elementare era come avere un diploma oggi, che ti apriva le porte al lavoro… allora! Già sul racconto sull’Osteria della “Fnoja” (Langhe 9), ho parlato di Maria come postina, che sgambettava tutto il giorno da un bricco all’altro, arrivando alla sera con 30 Km nelle gambe. Il nostro paese ha una superficie di 10,5 Kmq, con una orografia che te la raccomando, da 300 mt a 712 mt di altezza, tre colline e tre vallate, Vignassa/Fiori, Serra/Boscasso, Cappelletto/Rampin/Roreto, Val Tinella, penso si possa assimilare alla Maratona. C’è una differenza: Filippide [6], messaggero in guerra, ci ha lasciato la ghirba a fine corsa, da Maratona ad Atene, stremato dalla fatica per portare la buona nuova della vittoria degli ateniesi sui persiani. Maria ha scampato il pericolo, prendendo le strade nel verso giusto e con calma, con fugaci ciance conseguenti al mestiere, un breve relax, con scambi di alcune ricette di cucina curiose, qualche baratto di fiori novità. Ancora oggi è molto in gamba: e non solo nelle gambe! Erano i tempi che il “vespino 50” non si costumava, in cambio c’erano sentieri erti, rivassi, e la strada bella era inghiaiata con pietre di arenaria ricavate da campi e vigne. Erano i tempi in cui veniva molto venerato Sant’Arrangiati. Allora le strade non venivano “asfaltate”, tantomeno l’uomo e le “postine.”!... A questa mira posso tranquillamente dire quel che penso: Maȓia ’d Falèt ha fatto tanta strada, però non ha mai fatto il passo più lungo della gamba.
Mentre scrivo mi viene in mente un altro aspetto curioso sui postini. La parola posta è il femminile di posto, infatti l’etimo di “Posta” significa proprio posto, dimora, luogo determinato, postazione. Pertanto la postina/o erano degli affidabili, seri professionisti del posto. Da ciò si desume che gli ottantenni di oggi, e dintorni, nonché i loro ascendenti , e specialmente al fatto che allora la TV e i giornali non c’erano, le informazioni venivano date, insieme alla posta, dai postini. Mi riferisco alla seconda guerra mondiale. Chi non ricorda in diretta o per sentito dire, che si attendeva con ansia e trepidazione l’arrivo del postino che portasse qualche nuova! Non solo si ricevevano notizie sul proprio eventuale famigliare al fronte, ma anche notizie sulle altre famiglie del paese. Mal comune…minor male. A quei tempi, anche le non notizie, tenevano in vita una debole speranza. In buona sostanza il ruolo del postino, con le campane del paese, rappresentavano la storia di vita della comunità che, nel bene e nel male, era una forma di antropologia “a buon patto” efficace, specie nella triste condizione di malora dell’epoca. Chiudo la parentesi e torno a Maria, la quale, più di me, è informata su queste vicende temporali.
Tutte le volte che vado a trovare Maria, e che parliamo del più e del meno, lei mi ripete sempre: “su questa terra, cosa c’è stato ritorna…” come dire che la ruota gira, difatti se ci si gira indietro, nel nostro caso cinque generazioni, vengono fuori esempi verosimili tipo: i Partigiani, vedi Moti Carbonari (silvio Pellico) del 1821, i gerbidi causa manualità e guerre, crisi inaudite di soldi, emigrazioni per le Americhe (inizio1900); Mio nonno mi ha raccontato, e detta voce ricorreva negli anziani dei miei posti, che negli anni ’30 per comperare un sacchetto di pane ci andava un sacchetto di soldi, erano gli anni della recessione americana. Difatti se ci diamo un giro attorno, i conti tornano. Guardando il mondo come gira oggi, mi sembra che Maria ‘d Falèt, tutti i torti non li abbia. Anzi!...
I rapporti in famiglia sono stati buoni, grazie al buon carattere di Maria. Carattere pacifico e sommesso, che senza fare guerre, con il silenzio e l’ascolto, le litigate in famiglia si spegnevano subito. Anche qui viene fuori il buon senso e non quelle maniere stupide per cui bisogna avere ragione a tutti i costi!...
Tra le altre cose Carlin ‘d Falèt con Maria erano maestri a caponare [7] conigli e galletti. Senza dargli l’andormìa [8] non ne sbagliavano uno. Fosse oggi, a fare un lavoro così, ti mettono in galera! Adesso per fare un cappone gli danno la pastiglia. Io so solo che i capponi e i conigli di allora, allevati a granoturco di otto file, con pastoni di verdura e crusca, con fronde di ginepro e ramaglie di “buonvischio”, fronde e scorza disinfettanti di ornello, non ne spasseggiano più. D’inverno, per i conigli, il rancio era composto da cascame di fieno dalla greppia, nelle stalla, da erba medica secca, da fascine di fronde di foglie essicate e fatte durante l’estate, fé a feuja [9], nonché dal solito pastone di verdure e cereali macinati. Come cambiano i tempi!... e con loro anche i gusti della gente… purtroppo.
Devo confessarvi che questa è stata una bella storia, da Maȓia ‘d Falèt ancora oggi imparo tante cose… grazie Maria per avermi somministrato, con discrezione, gocce di saggezza: ne farò capitale!
Tanti auguri Maria…
PRIMO CULASSO
[1] agȓiman = graziosità, riguardo
[2] a ramba = molto vicino, da toccarsi
[3] schinfié = essere schizzinozo, provare schifo
[4] manoeȓa = donna manovale
[5] dësgiunta = lavoro di squadra impegnativo
[6] Filippide = amante dei i cavalli, quindi uno a cui piace anche il trotto
[7] caponé = castrare
[8] andoȓmia = anestesia
[9] fé a feuja = fare la foglia x scorte invernali (autoassicurazione)