Il ciclo del grano di primo culasso
(E' usata qui la grafia del prof. Villata)
Importante: si parla degli anni dal ’45 al 1975 ca
1 preparazione terreno
2 semina
3 mietitura
4 trebbiatura
5 grano con alcune indicazioni inerenti
1 - PREPARAZIONE TERRENO All’inizio l’aratura veniva fatta con buoi e aratro dal bifolco (bué), ma anche dal conduttore del fondo. In pratica il solco era profondo 30 cm. L’aratura si effettuava a fine settembre, poi si procedeva all’erpicatura col modello a coltelli verticali, sovente, quando le zolle (vàs o give) erano dure, perché la terra era stata arata “per molle”, ci saliva sopra il bocia (tucau) o lo stesso bué. Si rifiniva il campo con la mazza in legno (massüca). Capitava, per ragioni di bosogno, di mettere per due anni di fila il grano (gȓan stubi), allora si arava a inizio agosto, a volte si seminava, per le stesse ragioni la meliga (quaȓantin-a) chiamata così per il ciclo di 40 gg e anche perché quarantina vuol dire piccola.
Sia il grano stubi che la meliga quarantina erano una forzatura per prendere tuto quello che si poteva. Il concime maestro era il letame, altri pretesti non erano ancora in voga. Quando il terreno si arava ad agosto e nella primavera successiva si seminava la meliga (meȓia) come preparazione si passava l’estirpatrice (Stëȓpaduȓa), detta operazione la si chiamava riarare cioè (arfȓanze). Oggi mi pare che l’attrezzo si chiami Ripper = lacerare, squarciare..
2 - SEMINA La semina avveniva a spaglio (con un sacco a tracolla legato nell’ancolo del fondo sacco e nell’angolo dell’inboccatura) con dentro una ventina di kg di grano. Il grano non era selezionato, però veniva barattato con altro contadino, del paese vicino, col quale si era notato il bel raccolto dell’anno precedente. In questa operazione giocava anche il tipo di grano da sperimentare: russ Langa, frassinèt, mentàna, tevere. La semina avveniva a striscie (pȓeus) preventivamente segnalate con dei semplici cannetti. A quei tempi si seminava anche nelle vigne, a rigadin, che vuol dire un filare (pȓeus) si l’altro no. I più avveduti nella pȓeus libera in primavera mettevano leguminose tipo lenticchie (cisèiche o cigiaiche), al fine di concimare.
Terminata la semina veniva attaccato il bue all’erpice snodato per coprire il grano. In collina irta o medio irta, con l’aratro insolcatrice, a due orecchie, si facevano dei solchi obliqui (suȓch büȓiau), ovviamente miranti al ruscello o al solco verticale, per prevenire frane da buriane violente. La semina, sempre con tiro animale, ma a macchina, è avvenuta negli anni 65/70. Il vantaggio era di migliorare il dosaggio e il fenomeno di cespogliatura essendoci le file separate. La quantità di grano per giornata piemontese era di Kg/g.ta 90. Ovviamente si osservava la Luna, pertanto come minimo si rispettava il detto langhetto – dop trèi di ȓa lün-a a ȓ’è bun-a -.
3 - MIETITURA Modo di dire usato da mio padre: s’ët tàji basan, ët fàj dȓa pàja e dëȓ gȓan = se tagli il grano non maturo, quando cambia il colore, passando dal verde all’oro, fai paglia e grano. Era una guerra in famiglia. Mio padre aveva il terrore di qualche grandinata così non stava nella pelle, mentre per mia madre, che era di Rocchetta B., doveva essere maturo. Infatti c’è il rovescio del Mdd che dice: s’ët tàji basan ët fàj né paja, né gȓan e l’altro che diceva ancora: ëȓ gȓan uss fa ‘n capàla (bica). Allora ho assistito a dei campioni di mietitura a mano, con messoria, con uno stile (ghëddu) tale, di veloce efficienza chiamato corpetto/gambetto (cuȓpèt/gambèt) che era da vedere. C’era solo l’assenza di vizi… La dicitura deriva dalla posizione del corpo, gamba sinistra che tretteneva il grano (gambèt) e braccio destro che dava dei colpi veloci e di misura (coȓpèt). E’ uno dei rari casi che andava non bene ai mancini…ci andava una messoria speciale.
Allora non c’erano le mietitrebbia per cui tutto era soggettivo.
Adesso passiamo alle attrezzature che in graduatoria erano: messorie (amsoiȓe), cote e portacote (cu e cué) nonché l’incudine (ancuisu), quelle a forma di sedia (bicurna) per martellare messorie e falce fienaia., poi sono arrivate le falciatrici con rastrelliera dietro il pettine, alzata e ribassata a comando, che ti dava il mannello (giavela). Sempre in ordine partiamo dai mannelli (giavele), le quali si lasciavano qualche giorno ad essiccare, avendo pure cura di girarle per lo stesso motivo. Poi si procedeva alla legatura con mazzi dello stesso grano (liàgn) separati in due e incrociati, poi legati on il cavicchio di legno (cavìja). Con un cavicchio simile, in Beria sotto Borgomale, il cavicchio aveva un incavo (anchërna) nel quale, previa preparazione di cordicelle adeguate, si ricavava in automatico un nodo (angàssa). Poi c’erano le comuni ritortole (turtàgne) di vimini, di castagno e anche di lantana ( làta).
Tutta l’operazione prendeva il nome di “accovonare” cioè fare covoni, in piemontese (giavlé). poi sono arrivate le mieti/lega, munite di una girandola per dare la giusta inclinazione al grano, con un macchiavello (màciavelica) che scattava quando il covone (cheuv) era di misura. Queste macchine erano però sempre manovrate dall’uomo che con testa, braccia e buone gambe le dominava con tanto sudore. Solo per cronaca, nella piana Cuneese, ne esisteva una trainata dal trattore, quindi più umana, che come principio era l’antesisagna dell’imballatore semplificato; poi finalmente, a fine secolo, le mietitrebbia.
Come chiusura del cerchio, nel campo, si facevano le “biche” (capàle). Esse venivano costruite con maestria, o a croce con 12 covoni, oppure in forma cubica con 15 covoni. Le prime ricevevano maggior aerazione per l’essicatura del grano, le seconde erano più stabili e il grano accatastato era gia ben maturo e asciutto. Era anche una questione di abitudine e gusto.
4 - TREBBIATURA : anche qui, partendo dalle origini, la storia è lunga.
Innanzi tutto c’era il trasporto del grano dal campo a casa. Se le biche erano in un campo irto, con la zappa si facevano 2 fosse affinchè il carro (4 ruote) fosse in piano. Prima del trattore, il traino era animale, normalmente bue o coppia di buoi. A casa ci si attrezzava a costruire la grande bica (burla) conica o parallelepipeda. Se si era dotati di un portico lo si sistemava lì, al coperto (susta).
Poi si procedeva a spianare bene il cortile, ad applicargli sopra una poltiglia di sterco bovino e acqua, ben sparso con una scopa di frasche (pnàss). Queste operazioni riguardavano il correggiato e il trebbio (V. Gȓanaȓèt).
In sequenza le varie forme di trebbiatura erano: Correggiato (cavàlie). Trebbio (ribàt), trebbiatrice (machina da bàte o trebbia) la quale era azionata dal motore a fuoco (vapuȓieȓa), trattore a testa calda, OM anni ’60. A valle c’era l’mballatore. Mi ricordo che i ragazzi (bardòt) col cavalletto preparavano i fili di ferro con relativo occhiello con la precisa lunghetta e il taglio netto (sensa ansin) usati dal pagliarino addetto all’imballatore che ad occhio infilava la forchetta per la dimensione delle balle (balòt). Si ricorda che i primi imballatori non avevano il porta paglietta e pula, allora si costumava che i più anziani, col rastrello toglievano la pula (avȓiché) facendo un gran mucchio in zona prestabilita. Per le soluzioni a correggiato e trebbio occorreva usare il vaglio o crivello per separare l’avȓiché e altre minutaglie.
Due aneddoti curiosi: per il trebbio, trainato da bue o asino, che a furia di girare sul rotondo diventavano ubriachi per le vertigini, allora gli si coprivano gli occhi come i tori al mercato. Le rare cascine grosse, massimo una per paese chiamata "tenuta", avevano il fattore, che seduto all’ombra della spécula (piccola torre di osservazione) controllava la mietitura a mano e agli addetti stremati dalla fatica; essi ricevevano rimproveri tipo: non perdere tempo a pisciare sporcaccione che il grano è arso! (perd nen temp a pissé scrusun, che ëȓ gran o fa ȓ’ansin!). La resa del grano, condizionata dalla stagione, con avversità e anche da favorevoli annate, si aggira dai 20/25 q.li/giornata (3810 mq).
5 - Altre indicazioni: dovremmo trattare del fenomeno a valle, vitale per l’uomo. Resa del grano: 75% farina, 25% crusca e cruschello. Il prezzo del grano, la resa del pane, la crescenza del pane (20% di acqua), il libretto che conteneva la contabilità domestica del pane, la cottura (chëucia) al panettiere. Questo tema farà parte di un’altra puntata.
PRIMO CULASSO