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Il maialino lesco  
di Rosy Volta

ANIMALI DA COMPAGNIA: NON SOLO CANI…
 
Quando ero bambina, prima che gli studi - ed in seguito il matrimonio -  mi portassero lontana, vivevo a Mango, nelle Langhe, il paradiso della mia infanzia.
 I miei genitori, che gestivano  una piccola sartoria artigianale, non potevano occuparsi di me durante la giornata, perciò la mia vita si svolgeva nella fattoria dei nonni contadini , con le giornate scandite da scuola, compiti, gioco e lavori di campagna.
Era normale quindi per me aspettare nella stalla la nascita dei capretti, o del vitellino; accudire i conigli; raccogliere le uova nel pollaio; correre con il cane nei prati; salire sul carro trainato dal bue per andare nei campi.. Ma il massimo della gioia era pascolare le pecore con la nonna Teresina; ricordi indimenticabili.
Una  mesta riflessione .  Quando osservo i bambini  “cittadini” di oggi- e come insegnante ne vedo tanti – ed i loro svaghi, non posso evitare confronti con i miei di allora.
Vedo le varie Play Stations, Wi, I-Pad ecc, così aridi e privi di rapporti reali, e penso con tristezza  a quanto abbiano perduto  rispetto a noi bambini di campagna  di allora; quante esperienze ricche di umanità e di insegnamenti non abbiano conosciuto. E non vedo rimedio.
Tornando ai miei animali, un giorno avvenne un fatto che  movimentò la nostra  casa e la nostra vita. Io avevo circa 6 o 7 anni.
Un vicino di casa , Pio,arrivò nell’aia  per cercare aiuto. La sua grossa scrofa, che  gli aveva sfornato l’ennesima nidiata di maialini , stavolta non …aveva fatto i conti giusti.
I piccoli erano uno in più del numero delle mammelle; pare che ogni maialino abbia il suo capezzolo a cui succhiare, e c’era una bocca in più! Il tapino sarebbe stato destinato a morire di fame certamente.   
Guardai mio nonno Ricu con occhi imploranti; dopo pochi minuti era deciso: il maialino era nostro.
Decisi    il nome, Lesco.
Un nome strano, inusuale, ma  il mio maiale doveva avere un nome speciale.
 I primi giorni i nonni commisero l’errore di portarlo in casa, in un canestro dietro la stufa. Una volta usava, nelle fattorie, con gli animali nati piccoli, o cagionevoli di salute… Lui voleva stare solo in braccio, essere coccolato, come tutti i cuccioli di questo mondo… Era piccolo e roseo , come un giocattolo. Si zittiva solo quando succhiava il latte dal biberon.
Non riuscivo allora   a pensarlo  gigantesco, come sarebbe poi diventato…
Quando la situazione si fece pesante, perché Lesco squittiva se non c’era almeno una persona ad occuparsi di lui, mio nonno con decisione lo prese dal canestro  e lo depositò nel suo bel recinto, nella stalla con gli altri animali.
Allora pensavo che le altre bestie lo guardassero con invidia, perché tutte le attenzioni erano le sue.
Aveva infatti una spazzola a setole dure , con cui tutti i giorni veniva strigliato. Il compito era mio, appena tornata da scuola,e guai a dimenticarsi!  Gli squittiii arrivavano fino alla piazza del paese.
Le prime difficoltà  furono palesi quando Lesco iniziò a crescere a dismisura, comportandosi sempre però come un cuccioletto. Appena iniziava il rito della strigliata, si buttava a terra a zampe all’aria( la posizione di resa assoluta che hanno anche i cani), chiudeva gli occhietti deliziato e cominciava a grugnire piano.
 Dedicavo a lui il mio tempo libero, e le strigliate erano un rito obbligatorio quotidiano.
Il dramma era che  anche quando mio nonno Ricu entrava nel recinto per pulire, si trovava una bestia di un centinaio di chili coricata sui piedi, che aspettava ad occhi chiusi di essere carezzata! E si sa che i contadini, se non di cuore duro, sono piuttosto “ rudi”; figurarsi se mio nonno  gli avrebbe grattato la pancia, come usavo fare io!
In quei momenti critici, anzi, sentivamo le sue colorite  imprecazioni arrivare fino in cucina, al primo piano!
Ma il mio Lesco era  intoccabile, come le vacche sacre per gli indiani. E mio nonno, che mi adorava,  non avrebbe mai voluto farmi soffrire;  per cui, sopportava.
 Lesco era intelligente, e pulitissimo; bisogna sfatare questo luogo comune di maiale= sporco. Dipende dal padrone.
Il suo massimo piacere era, in inverno,  rotolarsi nella neve sull’aia, fino a diventare fresco e roseo. Anche se lasciava una “striscia” marrone sul candore  del cortile, ed io mi prendevo solenni sgridate per averlo liberato! Ero sorpresa di tante paure: perché mai avrebbe dovuto fuggire? Dove sarebbe stato meglio che con me, con noi?
La nostra vita scorreva felice, tra le solite abitudini ed incombenze, finchè un giorno ci fu la prima avvisaglia di burrasca.
Tornando da scuola, fui accolta da voci estranee; sulla porta della stalla un uomo ( seppi poi macellaio/salumiere) guardava Lesco con aria  da intenditore e parlava col nonno di  peso, suddivisione, salami….
Salami? Prima sarebbe passato sul mio cadavere.
Buttata la cartella a terra, mi sistemai a braccia aperte davanti alla porta della stalla, gridando fra le lacrime  infantili minacce. Mio nonno Ricu imbarazzato tentava di zittirmi, ma senza risultato. Il macellaio indispettito se ne andò,  affermando di mandare a monte tutto; era proprio ciò che volevo!
Dopo avere estorto mille promesse ai nonni  che Lesco avrebbe dovuto morire di vecchiaia nella nostra stalla,ma  non del tutto rassicurata, ripresi – riprendemmo - la vita di sempre.
Rafforzai la guardia, ma non potevo smettere di andare a scuola per …impedire che mi rubassero  il maiale!
 Come spiegare questa situazione difficile a chi non avrebbe potuto capire?
Un giorno terribile, al ritorno da scuola, Lesco era scomparso.
 Ricordo che piansi per giorni e giorni.
I nonni,  mortificati,  giurarono sul loro onore  che , essendo diventato troppo grande da gestire, avevano preso contatti con un allevamento speciale di Alessandria, a cui serviva un maiale maschio da riproduzione. Che sarebbe perciò morto di vecchiaia, dopo una vita di ..piaceri carnali.
Ma neppure il pensiero di  un  Lesco play boy, circondato da scrofe  desiderose di maternità, mi consolava.  Mai avrei pensato di sentire così la sua mancanza, come di un cagnolino,anche di più….
Quasi subito mi fu regalato un cane, un bastardino bianco che molto posto ha avuto nella mia infanzia; ma nessun animale ha avuto nel mio cuore il posto di Lesco. 
Anche se la gente, parlando del mio maiale da …compagnia, mi guardava ironicamente, pensandomi forse un po’ stravagante.
Parecchi mesi dopo,  riordinando,in fondo ad uno di quei vecchi bauli che contengono di tutto, uscì un involto di tela con dentro un oggetto misterioso: era una coda attorcigliata, annerita ed ormai mummificata, ma inconfondibile. La nonna tentò con mossa repentina di farla sparire, ma io fui più veloce.
La coda di Lesco!
Il macellaio l’aveva data a mio nonno come prova  che il maiale  di cui aveva portato le carni fosse veramente il suo.  Un colpo tremendo,  anche se in fondo al mio cuore il sospetto  era  sempre stato annidato.
Non si poteva ormai cambiare il corso delle cose.
E così finì la mia storia con Lesco.
C’è un film fantastico, molto commovente; si intitola “Al di là dei sogni”. Nella vicenda, un uomo compie un viaggio nell’aldilà, per ritrovare la moglie , morta suicida.
E’ una bella storia, ricca di allegorie e ambientata in paesaggi fantastici, che fanno sperare in un mondo ultraterreno pieno  di gioia, e di colori.
Ma c’è un piccolo particolare, in essa, che mi ha colpita: quando arriva nell’aldilà, l’uomo vede balzargli incontro  il suo amato cane, morto anni prima, e gioisce di avere ritrovato anche lui, inaspettatamente.
Perché non potrebbe essere veramente?
E se gli animali, che abbiamo amato e che hanno fatto parte della nostra vita, ci attendessero anche loro, nell’aldilà?
Sognare costa poco, e fa bene al cuore.
Anche se la vita mi ha portato in seguito  momenti  ben più difficili, morti di persone care, addii, delusioni.. la perdita di Lesco è stato il mio primo, vero dolore. 

​Rosy Volta
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