Ricordo di Michele Ferrero di primo culasso
Mettersi in cammino a raccontare la vita del Signor Michele Ferrero è una vera impresa. Prima di tutto bisogna avere nelle costole un vissuto di “Langhetto Doc” e aver seguito l’avventura evolutiva della fabbrica della cioccolata. Il sottoscritto, ringraziando IDDIO, gli ultimi 60 anni li ha vissuti in questa crescente realtà: dal 1955 fino al 1992 come dipendente e gli ultimi 23 anni frequentando la Fondazione Ferrero che ha dimostrato e si dimostra tutt’ora una fucina di ottime proposte studiate per gratificare gli anziani Ferrero, nessuno escluso.
Ritornando al tema, Langhetto col pedigree, aggiungo in questa categoria per la par condicio, una striscia della sinistra Tanaro, cioè del Roero, come Canale, Castagnito, Magliano. Ebbene, il Signor Michele Ferrero si identificava con queste persone autoctone (siamo negli anni ’50), però con un di più di insolita genialità che ha sempre sorpreso e stupito tanta gente.
Con le premesse su esposte, se la memoria mi assiste, provo ad elencare gli eventi più significativi:
«Mio padre ha sempre pensato che la fabbrica fosse per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica»: sono le parole di Giovanni Ferrero, amministratore delegato unico, prima del commiato dalla Cattedrale di Alba. In pratica, ha sempre funzionato uno scambio di attenzioni e di riguardo, cioè un reciproco buon patto tra datore di lavoro e dipendente: tipo concedere le ferie ai Langhetti nella fase del raccolto in campagna e accettare orari più impegnativi in Fabbrica in base a richieste di produzione. Questo per sottolineare l’immensa umanità e rispetto del Sig. Michele verso i collaboratori, cosa che succede anche in Fondazione.
Ritornando ai Langhetti, non si può dimenticare il riscatto dalla Malora, citata molto bene nell’orazione del signor Giovanni Ferrero, del degrado morale e fisico, della scarsità di mezzi, determinato dalla resistenza nelle Langhe. Il Signor Michele istituì a inizio e fine turno un servizio di pullman facendo così in modo di prelevare e riportare i suoi dipendenti nelle rispettive famiglie. È stata una scelta saggia e lungimirante; ha portato benessere nei paesi, realizzando l’ottimizzazione del lavoro dove gli anziani accudivano ai lavori di cascina, a fine turno i giovani davano una mano ai genitori. Inoltre, si è evitata la diaspora dalla campagna alla città. Anche i pullman recavano all’esterno tinta e indicazione della fabbrica della cioccolata.
Negli anni ’60, il Signor Michele Ferrero, ha ideato e fatto costruire il Treno dei bimbi. Si trattava di un Fiat 680 con rimorchio, fatto carrozzare da Rolfo di Bra, che assomigliava a tutto e per tutto a un treno vero. Sulle fiancate aveva l’icona di Gianduja che ha poi dato il nome alla nota pasta gianduja antesignana della Nutella. Il colore era giallo carico con striature marroni oblique, uguali a 1500 furgoni che operavano alla tentata vendita in Italia. Ebbene, il treno dei bimbi girava tutta l’Italia richiamando la curiosità e l’interesse dei bambini ma anche dei grandi.
Dopo il Treno e la Supercrema, il signor Michele, ispirandosi alle uova pasquali e alla gioia che esse hanno sempre destato, oltre al dolce e alla sorpresa nascosta nell’uovo, nel mondo infantile, inventò l’uovo kinder. In questo caso, soleva affermare, per i bambini Pasqua ci sarà tutti i giorni dell’anno. Fu un ottimo profeta, infatti il prodotto ebbe ed ha ancora un successo strepitoso.
Dovendo fare una sintesi sul Mondo FERRERO non ci si sbaglia nel dire che il Signor Michele è stato un progressista, un riformatore oculato del sistema gestionale di cui è stato investito. Ogni prodotto era una sua creatura, difatti per assisterlo meglio ha creato delle aree (isole) di produzione in cui prendeva di mira la “famiglia” del prodotto senza trascurare niente. Il suo motto era creare prodotti <<novità>>, che dovevano destare sorpresa. Facendo attenzione, il prodotto, la sua immagine, sono delle novità. Anche il nome di battesimo dato a ogni singola creatura (prodotto) ti fa provare un sussulto di stupito gradimento.
La stessa indole vivace, effervescente, l’ha applicata agli impianti che fanno il prodotto.
Praticamente adeguava l’impianto, con sue idee, al prodotto da fabbricare. Quante modifiche e migliorie si sono viste alla Ferrero! Si contornava di ottimi collaboratori, sia nel campo tecnico che in quello della ricerca prodotti, ha creato i “Capi Prodotto” proprio per coniugare i due aspetti. Però l’anima di tutto era lui. Mi ha raccontato un suo collaboratore nel campo degli impianti che usava un linguaggio semplice, langhetto, per esprimere l’invenzione di un congegno, tipo cif…e ciuf, oppure illustrava con uno “schizzo” chiamato alla Paperino. Io sono convinto che le pensasse di notte per farle di giorno! Addirittura sognava e realizzava ma con tanta cognizione!
Amava la Langa, ogni tanto staccava la spina, penso nei momenti di maggior concentrazione, e si faceva portare in Langa, in posti tranquilli, con ampi orizzonti e frescura per la ventilazione naturale e per l’ombra della vegetazione circostante. Sicuramente “cogitava” qualche idea interessante per la Sua fabbrica.
Mi hanno chiesto una intervista sul Signor Michele domenica 15.2.015, il giorno dopo la sua morte.
Senza pensarci sopra ho detto: Il Signor Michele è morto il giorno di San Valentino, festa degli innamorati. Ebbene, oltre la sua famiglia, Lui è stato un personaggio innamorato del suo lavoro. Penso abbia amato la fabbrica oltre e al di là dei normali limiti. È stato come un incantesimo.
Altra nota meritevole è la devozione alla Madonna di Lourdes. Ne ha fatto installare, in una bella nicchia, una per ogni stabilimento. Mi ricordo che quando era ad Alba, prima di iniziare il lavoro si fermava davanti alla Madonna a dire una preghiera in concentrata riflessione, e quando doveva prendere qualche importante decisione faceva una spedizione, coi diretti collaboratori, al Santuario di Lourdes. Vi assicuro che non era un fatto dimostrativo, ma un alto senso di religiosità ereditato da una famiglia Langhetta. Anche questo è un aspetto della vita che gli fa onore e accresce il già alto rispetto. Chi ha partecipato ai funerale ha conferma delle qualità su esposte.
PRIMO CULASSO
(Note: Questo toccante ricordo di Michele Ferrero è stato scritto da Primo Culasso su invito di Censin PICH, cofondatore della Ca dë studi Piemontèis e direttore della rivista "la slòira" nel marzo 2015, un mese dopo la sua morte.)
ARCÒRD ËD MICHÉL FERRERO
Pijé l’andi e butesse ’n camin a conté la vita ’d monsù Michél Ferrero a l’è na vera impresa. Prima ’d tut a venta avèj ant le còste ’n vivù ’d “Langhèt doc” e esse stàje d’apress al caudron con l’ëlvà andrinta la fabrica dla cicolàta. Chi ch’a scriv, grassie a Nosgnor, j’ultim 60 ani a l’ha vivije an cost chërse: dal 1955 fin-a al 1992 da dipendent e j’ultim 23 praticand la Fondassion Ferrero, ch’a l’è mostràsse e ass mostra ancheuj na fòrgia ’d proposte pù che bon-e për gratifiché j’ansian Ferrero sensa gavene gnanca un.
Për torné a l’argoment, Langhèt col pedigree, i gionto ‘n costa categorìa për la par condicio na strissia dla snistra Tàne, valadì dël Roé, parèj ëd Canal, Castagnì, Majan. Bin, Monsù Michél Ferrero as identificava con coste përson-e ma con ëd pì un sërvel genial che a l’ha sempe pijà ëd sorprèisa e stupì tanta gent.
Dit son, se la memoria am guta, è preuvo a buté giù j’event pì significativ. <<Me pare a l’ha sempe pensà che la fabrica a fijssa për l’òm e nen l’òm për la fabrica>>. A son le paròle ’d Giovann Ferrero, aministrator delegà ùnich, prima ‘d sò congé da la Catedral d’Alba. An efét, a l’è sempe staie në scambi d’atension e ’d riguard, coma dì un pat l’un con l’autr, tra chi a dà ël travaj e ’l dipendent, parèj ëd deje le ferie ai Langhèt al temp ëd la cheuja an campagna e steje a d’orari che a angagio ëd pì an fabrica second l’abzògn ‘d prodossion. Sòn për sotligné la gran mira uman-a e ‘l rispèt ëd monsù Ferrero vers ai colaborator, lòn che a càpita ‘dcò an Fondassion.
Se tornoma i Langhèt, as peul pa dësmentiesse ’l riscat da la Malora, dit assé bin ant l’orassion ëd Monsù Giovann Ferrero, dël degrad moral e fisich, ël pa basta d’arzorse, ardità dl’arzistensa ant le Langhe ’d l’ultima guèra.
Monsù Michél Ferrero a l’ha istitoì al prinsipi e a la fin dij torn ëd travaj un sërvissi’d coriere fasend an manera ’d prelevé e d’arporté ij dipendent ant soe famije. Sernìa savia e prevident, che l’ha mnà ’d benesse ’nt’ij pais, rivandse a na condission bin mèj andova j’ansian a cudìo ij travaj ëd cassin-a e a la fin dij torn, ij giovo a dasìo na man a pare e mare. E parèj a l’è contrastasse la diaspora da la campagna a la sità. Ëdcò ste coriere a portavo ‘n sla carosseria la tinta e le marche dla fàbrica dla cicolata.
Ant j’ani Sessanta monsù Michél Ferrero a l’ha ideà e fàit costruve ’l Trano dij cit. As tratava d’ën tlé Fiat 680 con rimòrchio, fàita carossé da Ròlfo ’d Bra, che a smijava franch a ’n Treno ver. An sij fianch a l’avìa l’icon-a ’d Giandoja, ch’a l’ha peuj dàit ël nòm a la pasta Gianduja bin conossuva e antissignan-a dla Nutella. Ël color a l’era giaun carià con ëd rigadure maron dë sbies, e parèj an sij 1500 furgon che a travajavo a la tentaja vendita an Italia. Ël Treno dij cit a virava për tuta l’Italia, arciamand la chëriosità e l’anteressament dij cit, ma ‘dcò dij grand.
Dòp ël Treno e la Supercrema, monsù Michél, ispirandse a j’euv ëd Pasqua e a la gòj ch’a l’han sempe cissà, oltre al dosse a la sorprèisa stërmà ‘nt l’euv, an tut ël mond masnà, a l’ha anventà l’euv Kinder. An cost cas, parèj a disìa, për ij cit Pasca a-i sarà tuti ij dì dl’ann. Bon profeta, ël prodot a l’ha avù e a l’ha ancor n’esit eclatant.
Dovend fé na sìntesi sël Mond Ferrero, un a pija pa ‘n bàilo s’a dis che monsù Michél a l’è stàit n’om ëd progress, n’arformador antivìst dël sìstema ‘d masenté che a l’ha creà. Minca un prodot a l’era na soa creatura e, an efét, për soagnelo mèj, a l’ha dàit vita a d’aree (isole) ëd produssion andova a pìjava ‘d mira la “famìja” dël prodot sensa lassé da banda gnanca na frisa. So mòt a l’era ‘d creé prodot “novità” che a dovìa cissé sorprèisa. Se un a varda bin, ël prodot e soa imàgin a son ëd neuve. Bele ‘l nòm ëd batésim ‘d mincaun-a ‘d coste creature (prodot) at fa prové n’arbit ëd gradiment ëstupì.
L’istess caràter ësvicc, mossant, a l’ha dajlo a j’impiant che a fan ël prodot. An pràtica a adatava l’impiant, con soe idèje, al prodot da fabriché. Che ‘d modificassìon a ‘d mijorìe a son ës-ciarasse a la Ferrero! As pìjava ‘d colaborador pì che brao, tanta nt ël camp técnich che dl’arserca dij prodot, a l’ha creà ij “Cap Prodot”, giusta për conìughé ìj doi rësguard. Con sòn, l’ànima ‘d tut a l’era chiel. A l’ha contame un so colaborador ant ël camp ëd j’impiant che a dovrava ‘n langagi sempi, langhèt, për marché l’anvension d’un congegn tipo “cif e ciof”, opurament a ilustrava con un sò schiss ciamà a la Paperin. I son sigur che a-j pensèissa la neuit për feje dël dì! Dritura a sugnava e a realisava ma con tanta cognission.
A-j vorìa bin a la Langa e mincatant a dëstacava la spin-a, i penso ‘nt ìj moment ëd consentrassìon pì àuta e as fasìa mné an Langa, an dij pòst tranquij, con d’orìsont largh e ‘d fresch për la ventilassion natural e për l’ombra dla vegetassion tut d’antorn. A l’era franch për pensé bin a chèich ideja anteresanta për soa fàbrica.
A l’an ciamame n’antërvista su monsù Michél ai 15 ëd fërvé, ël di apress ëd soa mòrt. Sensa penèje ’dzora, a l’è vnume ‘d dì: monsù Michél a l’è mòrt ël dì ‘d San Valentin, festa dj’an-namorà. Bin, oltrechè ‘d soa famìja, chiel a l’è staìt un përsonagi an-namorà ‘d so travaj. I penso che a l’àbia vorsuje bin a la fàbrica oltre e dëdlà dij termo normaj. A l’è stait parèj d’un ancantament.
N’àutra nòta ‘d mérit a l’è la divossion a la Madòna ‘d Lourdes. A l’ha fane buté, ant na bela nicia, un-a për minca në stabiliment. Im arcòrdo che, trovandse an Alba, anans d’ancaminé ‘l travaj, as fërmava ‘dnans a la Madòna a dì ‘l bin an riflession bin përfonda e, cand ch’a dovìa decide ‘d ròbe amportante, a andasìa con ij colaborador pì strèit al Santuari ‘d Lourdes. A lo fasìa franch nen për mostresse a j’àutri, ma për un sens àut ëd religiosità ardità da na famìja langhëtta. Ëdcò son a l’è n’epifanìa ‘d vita chi a-j fa onor e a në chërs ël respét già àut. Chi a l’è staje al funeral a l’ha avù conferma ‘d soe gran qualità.
Primo Culasso